La giunta Lo Russo prosegue nella direzione del “si fa e basta!”. In fondo ci avevano così tanto sfracagnato i maroni sui titoli e le competenze che in ZTL, colti da un sussulto di orgoglio acculturato sabaudo, sono corsi in massa a votarli. Invece noi modesti, disinformati e ignorantelli elettori di periferia, chissà come mai, li abbiamo sgamati subito.
Come ha scritto Marco Travaglio, un türineis che sicuramente non ha problemi di ISEE e, di conseguenza, di coda al PS del Giovanni Bosco, «Torino è come Pompei: una città pietrificata non dalla lava, ma da un sistema di potere trasversale e consociativo che si autoperpetua da 50 anni con gli stessi uomini (o, se proprio muoiono, coi loro figli e figliocci). Non c’è bisogno di passare da destra a sinistra, o viceversa, perché governano tutti insieme a maggior gloria di chi comanda davvero: casa Agnelli, fondazioni bancarie, logge “progressiste”, collegio costruttori con tentacoli tecnocratici e politecnici, concessionari e appaltatori. “Quella che a Palermo si chiama omertà – diceva il procuratore Marcello Maddalena – qui si chiama riservatezza”».
Nel quadro di desolazione bipartisan che la politica genera da Roma a Morterone, il livello del PD locale e della sua stampella AVS (la sinistra dei quartieri belli che usa piu “ə” in un periodo delle bestemmie di Germano Mosconi) è quello di chi si sente legittimato a governare perché si sente migliore.
La verità, o almeno tale appare a noi perenni disillusi, è che il cosiddetto progressismo “de sinistra”, dopo aver cantato per decenni nel coro del pragmatismo global in economia e del mero mantenimento del potere in politica, appare oggi assolutamente inadatto a suscitare consapevolezza e a indicare prospettive utili a illuminare un orizzonte che superi in qualche modo l’attuale paradigma socioeconomico.
Intanto si sta come d’autunnə suglə alberə lə fogliə.