C’è questa storia della maestra che è stata sospesa per aver fatto recitare alcune preghiere a una classe di bambini di otto anni.
Era ora! Non se ne può più di tutti questi clericobigotti alla Pillon, nemici dell’ideologia gender, di Rosa Chemical e perfino di Peppa Pig. Bene ha fatto il preside dell’istituto a comminare la sanzione che, in uno Stato laico, dovrebbe trovare tutti d’accordo.
E invece…
Eccolo lì il pattuglione di difensori della cristianità schierarsi compatto a difesa del ciarpame religioso. Oh, mica gente qualunque! Parliamo di Vittorio Sgarbi, uno che qualche settimana fa sulla TV di Stato, in un sussulto di moralismo sui generis, dava delle “troie” a “quelle del Duemila”, dimenticandosi di avere seduta accanto sua figlia, nata proprio in quell’anno.
Il noto critico d’arte, neo sottosegretario alla “cultura” del governo Meloni, dimentica che il tratto distintivo della scuola pubblica italiana è che essa è laica e plurale. Questa sua natura deriva direttamente dal dettato costituzionale. In tale ambito l’organizzazione didattica e i contenuti pedagogici si devono richiamare ai principi suddetti e non alle fissazioni di una maestra.
I siti di notizie sono andati a sbirciare i profili social dell’insegnante per scoprire che sono, come sempre avviene in questi casi, un’accozzaglia di pregiudizi cattobigotti: più o meno la stessa roba vomitata da Rosario il Girasagre per fare propaganda o per alzare qualche like presso il popolo di binari, oscurantisti e fallocefali.
Non c’è cosa più avvilente che assistere al fenomeno di un’invasata che insegna ai bambini, ma peggio ancora è pensare che in qualche misura il sistema che l’ha messa a fare quel lavoro è lo stesso che si accorge tardivamente dell’inadeguatezza della persona al ruolo.
Il problema vero è che c’erano già stati precedenti a carico della maestra e lamentele da parte dei genitori. Inoltre pare che la maestra insegni storia, geografia e musica e che quella incriminata fosse un’ora di supplenza. E allora, se durante una supplenza non si riesce a trovare niente di meglio per stimolare i bambini che farli pregare, direi che il problema non sono né la religione, quella cattolica nel caso specifico, e neppure la CEI, ma certi credenti.
La Chiesa fa il suo lavoro, vale a dire proselitismo e indottrinamento. È un’organizzazione con un messaggio da diffondere e lo fa ancora discretamente bene, anche dopo che Feuerbach ha detto la sua.
È invece la Scuola a non fare il suo lavoro, a partire dalla selezione di insegnanti consapevoli almeno delle basi: liturgie e paturnie religiose devono albergare altrove.
I bambini non si fanno pregare, ma studiare. Si fa loro disegnare il mondo con le matite colorate, non gli si fa “costruire” rosari.
A dirla tutta, le preghiere vengono sempre dopo. Prima bisogna capire come nasce una fede e perché si arriva a pregare. E per chi o cosa.
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