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I sonnambuli

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L’annuale “Rapporto sulla situazione sociale del Paese”, redatto dal Censis sin dal 1967, viene considerato il più qualificato e completo strumento di interpretazione della realtà italiana.

Secondo il prestigioso istituto, parrebbe che gli italiani siano ancora in larga parte in grado di riconoscere i problemi strutturali che attanagliano il Paese – il declino economico, sociale e culturale, il debito pubblico, i cambiamenti climatici, la WWIII a puntate – ma non riescano ad andare oltre la paura o, quando va bene, alla partecipazione solo emotiva e a ondate alle tante emergenze, senza tuttavia riuscire a elaborare una reazione forte, razionale e, soprattutto, coesa.

Come già si poteva evincere dal precedente rapporto (2022), la società italiana vive ogni anno di più in una sorta di “latenza di risposta, sospesa tra i segnali dei suoi sensori e la mancata elaborazione di uno schema di funzionamento”.

In altre parole, gli italiani del 2023 si rifugiano nella ricerca di uno “spicchio di benessere quotidiano” e, di fronte ai “cupi presagi”, mostrano “una colpevole irrisolutezza”.

Siamo cioè impauriti e vuoti come “sonnambuli” che vivono in uno stato di semiveglia, con desiderii piccoli e con la tendenza a ritrarci nel nostro privato senza una prospettiva collettiva per il futuro.

Le Considerazioni generali” introducono il Rapporto descrivendo “una società con molte scie, ma nessuno sciame, con una direzione, ma pochi traguardi, in cui i meccanismi di mobilità sociale si sono usurati”.

Quando ci si vede con gli amici che sono per me fonte di ispirazione nel continuare a mandare avanti questo blog “in direzione ostinata e contraria” (grazie ai due Marco, R. e C., ad Alex R. a Giorgio S. e a Luca P.), ci si interroga spesso sulla non reattività degli italiani e sulla loro propensione a cadere vittime delle strumentalizzazioni di una politica palesemente incapace di dare risposte.

Qualche giorno fa la mia riflessione https://ittica.org/parla-come-mangi/ faceva riferimento a tutte queste cose, cercando di porre l’attenzione su quel “blocco monocolore che campa per cooptazione” al quale sarebbe demandato dalla Costituzione di rappresentare la società e non le marchette di Sgarbi, i parenti di ogni grado di Meloni o la foga parolaia di certa sinistra ipergarantita.

È più che evidente oggi che, se la destra è lì dov’è e intende restarci, perché tiene famigghia, è altrettanto vero che la sinistra, dopo aver cantato per decenni nel coro del pragmatismo global in economia e del mero mantenimento del potere in politica, è assolutamente inadatta a suscitare consapevolezza, a indicare prospettive ed a illuminare un orizzonte che superi in qualche modo l’attuale paradigma socioeconomico.

D’altro canto al sonnambulismo dilagante tra gli italiani dovrà sostituirsi, in tempi congrui, il risveglio e la speranza. Magari prima che Ginevra Meloni si ritrovi a governare per diritto dinastico sancito dal presidenzialismo forte. Il punto è uno solo: chissà se le forze democratiche che ancora hanno voglia di lottare riusciranno a trasformare le tante scie in uno sciame e, come conseguenza, in una politica capace di essere maggioranza nel Paese?

Qualcuno a sinistra, non so se per spocchia culturale o perché ci crede veramente, ricorda spesso una bellissima poesia di Bertold Brecht, intitolata  “A chi esita”, che così si conclude:

“Questo tu chiedi. Non aspettarti
nessuna risposta oltre la tua”.

A parlare, nella poesia, è un militante comunista, scoraggiato dalle innumerevoli sconfitte, dagli errori di “valutazione” commessi dai compagni di strada e dalla forza invincibile che assume il suo nemico. Travolto dai dubbi e dall’incertezza del domani, l’Io dello scrittore si interroga sul futuro che lo attende, non riuscendo a darsi risposta. Ma è qui che arriva, infine, l’invito implicito ma rigoroso a scegliere.

Per non morire nel sonno.
🌹🏴‍☠️

 

 

 

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Esimio "signor nessuno", anarcoinsurrezionalista del tastierino, Scienze politiche all'Università, ottico optometrista per campare. Se proprio devo riconoscermi in qualcuno, scelgo De André. Ciclista da sempre, mi piacciono le strade in salita. Ci si vede in cima.
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