Com’èra facile prevedere, il Liberation Day si è trasformato nell’Inculation Day. Nella sola giornata di ieri sono stati bruciati dalle Borse mondiali olre 2500 miliardi di capitalizzazione e oggi è assai probabile che ne andranno in fumo almeno il doppio. Non si vedeva una tale pioggia di merda dai tempi delle Twin Towers.
Proprio come il Girasagre da Vespa con le accise, ieri Trump si è presentato agli americani promettendo la realizzazione del suo personalissimo New Deal. Risultato: i mercati lo hanno sgamato per quello che è, un cialtrone conclamato. È andata che Il gaglioffo ciuffato ha annunciato i dazi sulle importazioni: sanzioni durissime contro la Cina, l’Europa, l’India e persino contro le isole Heard e McDonald, abitate solo da pinguini. I dazi, al netto della violenza sugli animali, stanno facendo scoppiare la bolla finanziaria che ha tenuto insieme negli ultimi anni l’economia americana e, più in generale, il capitalismo finanziario. Non a caso i titoli maggiormente coinvolti dalle perdite sono stati quelli delle Big Tech, da Apple ad Amazon e Invidia.
Triste a dirsi, ma quest’ennesima crisi di un capitalismo sempre più malsano e predatorio investe in pieno la sfiducia degli investitori verso gli Stati Uniti in relazione alla capacità di tenere in vita il capitalismo. Il paradosso è che la fine del dollaro è vaticinata nientemeno che da Larry Fink, CEO di BlackRock. Va da sé che Fink e le Big Three da un lato e Trump dall’altro stiano costruendo la fine della centralità americana aprendo in tal modo una fase storica per molti versi ignota perché privata della forma economica che ha pervaso l’Occidente dai tempi dell’invenzione del telaio meccanico.
Piccola postilla: dell’aumento vertiginoso del divario sociale tra i pochi schifosamente ricchi e i molti sulla via dell’indigenza frega cazzi a nessuno. Il tema semmai è come conciliare una palla satura di poveracci con il collasso climatico incombente e la necessità di salvare i passeggeri di prima classe. Sembra la sceneggiatura distopica a metà tra “Don’t look up” e “Titanic”.
A fronte della guerra commerciale scatenata da Trump si delineano sostanzialmente tre opzioni, come ha evidenziato Tommaso Nencioni: far finta di niente, che è la posizione del governo Meloni; annunciare un piano di riarmo contro i cosacchi di Putin per attrarre in Europa i capitali speculativi in libera uscita dagli USA, che è la posizione del liberalismo europeista e del fanatismo delle dee della guerra Kallas e Picierno; alzare i salari e rilanciare il commercio coi paesi Brics per tenere sotto controllo la bilancia dei pagamenti e ridurre il costo dell’energia, che è la posizione di chi preferisce il refolo del ventilatore ai venti di guerra.
Tornando alla posizione del nostro governo, non è affatto singolare che, in questa fase cruciale, la risposta sia quella di minimizzare l’effetto dei dazi come se si riferissero unicamente al rapporto bilaterale tra la nostra economia e il mercato statunitense. E così, mentre la Presidente riunisce la task force degli incapaci e manda in tv a inanellare figure di merda gli ineffabili Bocchino e Ronzulli, la Spagna stanzia nel giro di poche ore 14 miliardi di Euro per sostenere le imprese come risposta ai dazi. Del resto loro hanno Sanchez e, nonostante Vox, un Parlamento passabile. A noi invece sono toccati Wanna Sbarchi e Sancho Panza. La differenza tra chi fa politica e chi invece non sa fare una O con il bicchiere è tutta qua. Servirebbe un’analisi seria, mica la nostra per carità, che delinei in maniera organica la ridefinizione del paradigma di sviluppo conciliandolo con la capacità di sfruttare la crisi del dollaro per costruire nuove strategie di indebitamento europeo in chiave sociale, nuove forme di definanziarizzazione dell’economia e, perché no, nuovi equilibri multipolari che certamente non appartengono al linguaggio di questa destra. E neppure al liberal progressismo di Prodi, Gentiloni, Letta, Draghi e all’ipocrisia di quell’armata Brancaleone che è il PD.
Intanto panico, vendite, quotazioni che crollano e prezzi al consumo che si impennano.
Sempre più poveri noi.
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