Mentre la sinistra rosa chemical fa strage di cuori gender fluid a Sanremo, la destra Harkonnen conquista Arrakis senza spargimenti di sangue.
Nonostante la più bassa affluenza elettorale di sempre, Meloni&co. riescono nell’impresa di far rivincere l’impresentabile Fontana e strappano il Lazio ai Ferragnez. O era il PD?
Qualcosa nella comunicazione social della sinistra non funziona.
A Sanremo, tra pere tristi, capezzoli e slinguate, vince Mengoni, l’idolo delle mamme, e tra i primi cinque non c’è neppure una donna.
In politica stessa cosa: vince chi è orecchiabile e non ostenta.
Le percentuali di voto parlano da sole: in Lombardia ha votato il 41,67% degli elettori, nel Lazio il 37,2%, record negativo di sempre. A Roma solo un elettore su 3 si è presentato alle urne. Ormai vanno a votare solo quelli a cui piace Giorgia (Meloni), gli altri stanno sul divano a gustarsi il twerk trash del clone cazzaro di Achille Lauro.
Secondo me, a parte i soliti Adinolfi e Pillon, gente che sullo stare in un altro secolo ha costruito una carriera politica, i destrorsi doc come La Russa e Crosetto si stanno fregando le mani.
Perchè lo dico? Perché se un Festival etichettato come “di sinistra”, è segnato dalla trasgressione di Fedez, dal monologo autoreferenzialissimo della moglie o dal twerkare trash di Rosa Chemical, allora vincono facile quegli altri.
Come bene ha scritto Tomaso Montanari, “schiacciare l’idea di sinistra su una versione ultra-libertaria e iper-individualistica dei diritti civili”, significa alimentare la vulgata comune che vuole “la sinistra attenta principalmente alle questioni di genere”. È questa una specie di deriva terribilmente identitaria e atomizzante che non veicola nulla di sociale, ma solo generici messaggi “libertarian”.
Saranno pure luoghi comuni quelli che vedono una sinistra attenta a quelli che si “fanno le canne”, santa protettrice dei rave, dei centri sociali, di Cospito e così via, ma “diggiamolo”, non è che vi sia un soggetto politico che badi al sociale almeno quanto al gender e che sia in grado di contrastarli.
“Dialettica dell’illuminismo” è un’opera di Max Horkheimer e Theodor Adorno. È composta da una serie di saggi attraverso i quali gli autori espongono una critica radicale della società e del pensiero occidentale.
Particolarmente interessante è il seguente passaggio contenuto nel quarto saggio, intitolato “L’industria culturale. Quando l’illuminismo diventa mistificazione di massa”:
“Così, anche nell’industria culturale, sopravvive la tendenza del liberalismo a lasciare via libera alle persone capaci che accettano i principi del sistema. Aprire la strada a questi virtuosi è ed è stata la funzione del mercato […] la cui celebrata libertà, […] si riduce in pratica, nell’arte, come in generale per tutti quelli che non sono abbastanza furbi, a quella di morire di fame”.
Nel deserto che si avvia ad essere questa società non spunterà nessun Fremen a cavallo di un vermone. E scordiamoci pure il Kwisatz Haderach! Per il momento la sorellanza Bene Gesserit non va oltre i confini della ZTL.
Ad maiora!