Siamo giunti ormai a poche ore dal voto negli USA e quello che stiamo vedendo è la campagna elettorale più surreale della storia. Comunque andrà a finire, vale la pena di evidenziare un dato: “le elezioni americane sono una battaglia durissima tutta interna al capitalismo finanziario” (cit. Alessandro Volpi).
Una prova per tutte potrebbe essere quella di Warren Buffett che ha parcheggiato la cifra record di 325 mld di dollari in liquidità nell’attesa dell’esito elettorale. Con questa operazione l’ “oracolo di Omaha” intende investire indifferentemente sui titoli finanziari più vicini a Trump o a Harris, con la certezza che, a seconda del risultato, si produrranno nuove gerarchie finanziarie e una successiva fase di aggiustamento.
In un’economia pesantemente dominata dalla finanza, il potere di orientare enormi flussi di capitale non è interessato all’esito politico, ma si comporta come uno scommettitore che punta tutto il malloppo sul rosso o sul nero, ma lo fa quando la pallina si è fermata.
Troppo facile così, penserete voi, ma chi ha detto che la finanza debba tenere conto di variabili quali le “ideologie” e le conseguenti prospettive di natura sociale?
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