Il siparietto tra Vespa e Meloni è stato preconfezionato ad hoc per suscitare quella simpatia popolana di pancia che tanto ha giovato nel portare Giorgia e il suo codazzo di familiari dove sono ora. Il fatto che la trasmissione “Porta a porta” sia registrata reca seco l’ovvio.
Due elementi ci fanno comprendere il livello di devastazione culturale a cui siamo arrivati. Il primo è l’ignoranza di Meloni che culmina nel ridicolo con il linguaggio da pesciarola. Il secondo è il sorriso comprensivo di Vespa che, invece di incalzarla spalancando praterie sull’inadeguatezza di questo governo, le porge ossequioso il suo telefonino come se il problema fosse nello strumento e non nel suonatore.
Breve nota informativa per nostalgici del Ventennio, ma con la memoria a breve termine di Dory: la Giorgia Meloni che ostentava grinta sovranista da vendere prima delle elezioni è la stessa che, da due anni, ogni mattina si sveglia Giorgia Dragoni: uguale in tutto e per tutto a quell’altra, se non fosse per quel piccolo particolare dell’essersi sdraiata ai piedi delle oligarchie finanziarie, piegata all’atlantismo ma pronta, già da domani, a saltare sul carro di Trump, e genuflessa alla pulizia etnica di Israele come la quasi totalità dell’informazione italica, inclusa quella fintoprogressista che ha come mantra “Israele ha il diritto di difendersi”.
Quando si arriva ad invidiare un poco quelli che nuotano beati nel branco, forse è il momento di finire sul ghiaccio secco al mercato. O di pinnare via veloci.
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