Ieri sera a Torino si è marciato per la Pace.
A vedere i vari “io c’ero” postati puntualmente sui social cazzari, mi è parso di capire che vi abbiano partecipato in tanti.
Che bello! Mi piace un sacco l’effetto rassicurante del conformismo nell’uomo, soprattutto quando cerca di porre un’istanza etica prima ancora che politica. Tuttavia le “armate” di pace, belle a vedersi con le candele, le bandiere colorate e le foto di gruppo da spammare sui social, servono alla causa come un impacco su una gamba ingessata.
La stessa ragione che porta in piazza, affermare che vivere in pace sia meglio che spararsi addosso, è anche il limite di queste manifestazioni. Perché se poi si torna ciascuno a casa propria, senza avere avuto la capacità (e la forza) di inserirsi in un conflitto e indicare una prospettiva politica di soluzione, è stato sì un appello nobile ai belligeranti, ma altrettanto inutile.
Ecco perché, come sempre in direzione ostinata e contraria, ho preferito ragionare di pace, di guerra, di Pasolini e di De André in famiglia. Preferisco di gran lunga quello mio personale al conformismo di massa.
Shalom. O Salam, se preferite.
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