L’insostenibile peso del divenire
Adesso Schlein farà l’ennesima supercazzola sul testa a testa come se fosse antani della “spallata” ma anche no. Dal canto suo Meloni comincerà a pensare, dopo quello agli zigomi, a un ritocchino pure della mascella. E via a comandare per altri diciotto anni. Invece noi proviamo qua a mettere in fila gli elementi che hanno prodotto il risultato ligure.
Primo: la conferma dell’estraniazione crescente dell’elettorato
Ha votato solo il 45,95 % degli aventi diritto, un dato che dice molto sulla distanza tra la politica, le istituzioni e la realtà. D’altro canto l’immagine poco edificante di una regione travolta da uno scandalo in cui un governatore (Toti) si salva dal processo patteggiando non fa che indebolire la fiducia verso le istituzioni. Come ho scritto ieri, la Liguria è una regione con un sistema cementizio, tangentizio e “debitizio” talmente consolidato da non poter essere scardinato né da uno del posto come Bucci e meno ancora da un notabile della nomenklatura come Orlando.
Secondo: i due contendenti
Marco Bucci, sindaco di Genova, è un indipendente, estraneo alla politica dei partiti e, almeno fino ad ora, estraneo agli scandali. Un sindaco che, stando a quanto si dice nei carugi, si è impegnato molto per la ricostruzione del ponte Morandi ricavandone l’immagine di un “pater familias”. Meloni in persona lo ha fortissimamente voluto, anche perché non propriamente in sintonia con Toti, dunque utile alla destra “sociale” per recuperare credibilità a livello locale.
Andrea Orlando, dirigente nazionale del PD, più volte ministro, ligure per nascita, ma campano di origini e “piantato” a Roma da decenni, è un uomo sostanzialmente di apparato, espressione di un partito sempre più debilitato dalle innumerevoli correnti interne e pertanto alla continua ricerca di equilibrismi a conferma del fatto che, senza una chiara identità, non basta calare un notabile dall’alto per ovviare alla mancanza di radicamento sul territorio.
Terzo: l’analisi politica
La sconfitta, seppur di misura, del centrosx è la sconfitta del campo largo. La somma del PD più i 5* (più sinistre poco ecologiste) non può funzionare perché, come ha scritto Tommaso Nencioni, «i gruppi mediatici di riferimento del PD hanno come primo nemico i 5*, mentre gli elettori dei 5* (quelli che ne hanno garantito il voto di massa) hanno come primo nemico il PD». Va da sé che così non può funzionare, perché i 5*, essendo minoranza continuamente minata dagli scazzi tra il guru Grillo e il carneade Conte, non possono certo pensare di fare opposizione seriamente e il PD, che sulle questioni attualmente dirimenti della guerra e dell’austerità potrebbe farla, vi rinuncia proprio perché su quelle stesse questioni è allineato alla destra. Intanto il sistema di potere si perpetra a prescindere da chi governa.
Quarto: i numeri
Nel 2020 il centrodx ottenne 383mila voti, mentre oggi si ferma a 291mila: una perdita secca di 92mila voti. Considerato che, in totale, le liste del centrodx hanno ottenuto circa 271mila voti, mentre 20mila sono state le preferenze andate alla persona di Bucci, la perdita è stata complessivamente di 111mila voti. Un dato balza subito agli occhi nonostante il Girasagre faccia finta di niente: nel 2020 la Lega ottenne 107mila voti mentre oggi ne ha appena 47mila. È evidente poi che l’astensione ha riguardato soprattutto il centrodx. Infatti il centrosx nel 2020 ottenne 265mila voti e oggi oltre 282mila. Capirai che trionfo! Al contrario i 5*, rispetto al già non esaltante 7,7% del 2020, a questa tornata perdono un altro 3%. Un 1% è sicuramente legato ai voti sottratti dalla lista dell’ex Nicola Morra e un 2% può essere ricondotto alle tensioni interne che di questo passo condurranno il Movimento alla consunzione. Per quanto riguarda Renzi, il suo continuo riposizionarsi pare non aver spostato di una virgola lo scenario: se fosse stato in coalizione, non sarebbe andato a votare nemmeno il 4,5% degli elettori 5* e la coalizione avrebbe perso circa 29.000 voti a fronte dei 6-7mila raggranellati dal Cazzaro di Rignano.
L’epilogo
Sarebbe giunto il tempo di dare vita ad una nuova Resistenza che rompa gli schemi del blocco monocolore che governa il Paese (e non solo il nostro), ma credo che, se questa arriverà, non sarà passando per la convinzione gramsciana secondo cui «anche quando tutto è o pare perduto, bisogna rimettersi tranquillamente all’opera, ricominciando dall’inizio», ma attraverso quella più “scoppiettante” del villain Bane del Batman di Nolan: «Toglieremo la città ai persecutori di generazioni che vi hanno illuso con la chimera di un’opportunità e la restituiamo a voi, il popolo». Che poi è una delle frasi del discorso di insediamento di Trump nel 2017.
Guardate un po’ voi come stiamo messi.
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