Per il PD è naturale fare governi con Monti o Draghi. Le agende dell’Europa sono le stesse su cui il partito confessa i suoi sogni bagnati di liberismo sfrenato.
Con la destra a trazione berlusconiana (“figa ce n’è?”) e leghista (“burp, prot, braat”), alquanto scettica verso la UE e più propensa a difendere alcuni specifici interessi di bottega, il PD per molti anni ha avuto buon gioco a essere legittimato più dall’esterno che non dal voto interno.
Con Meloni questo quadro è saltato: è Lei oggi la garante dell’agenda Draghi, dell’agenda Biden e di qualunque “scritto” che l’editoria atlantista pubblicherà nei prossimi cinque anni.
Il “masterpiece” politico di Meloni, quello per cui i libri di storia le regaleranno una paginetta, è l’aver succhiato l’anima al maggior competitor, svuotandolo della sua unica ragion d’essere politica.
Oggi il PD vaga apparentemente senza identità, senza forma, senza contenuti e senza finalità. Sarà anche un po’ per questa forma di tanatosi che è (ri)spuntata Elly Schlein.
È andata così che mentre Bonaccini definiva Meloni “capace” e Letta (non lo zio, proprio lui lui!) andava a rendere i suoi omaggi ad Atreju, capitolando pure sul presidenzialismo ( l’uomo forte al comando), quel diavolo di sopravvivenza politica di Franceschini giocava il suo asso.
E arriviamo alla vittoria delle Sardine.
Nonostante questo blog rechi nel nome una certa assonanza e, almeno all’inizio, una certa vicinanza di idee con il movimento bolognese, vuoi perché Marx da queste parti lo si è letto e capito, vuoi perché distribuire cuoricini e like accazzo o parlare di nodi che amplificano l’orgasmo va un po’ oltre il nostro “sentiment” riguardo alla vita reale, abbiamo ringraziato e siamo scesi.
Quello che resta della parte piemontese di quell’esperienza, io e Giorgio Annone, ci siamo tenuti questo spazio di riflessione, consegnandolo a chi vuole leggerlo.
Zero cash, zero self branding e zero ex cathedra. Forse è vero che siamo più Dagospia che Barbero, anche se il nostro idolo rimane il secondo, ma si fa come si può con il poco che si ha.
Molto meglio di noi invece hanno fatto Santori e Cristallo, neopaladini di @ellyesse: da “siamo un movimento apartitico” a prendere la tesserina in un amen.
Bravi loro a pensare che non è con i “manifesti valoriali” che ci si costruisce una carriera, ma soprattuto bravo il genio che ha pensato al movimentismo e al giovanilismo (anche se i due mi paiono anagraficamente out) come serbatoio di scorta di un partito decotto. Oh, guardacaso l’acronimo fa sempre PD!
Bile corrosiva a parte, io spero veramente che si apra una fase nuova. Dal mio personalissimo punto di vista anarcomandaloriano ritenevo che “la via” non fosse quella della continuità/solidità, ma solo nei circoli, di Bonaccini.
Come è vero che “la base” pagante che ha sfanculato il partito delle tessere è un buon inizio, sono portato a pensare che il nuovismo debole di Schlein non andrà molto lontano, se si rivelerà ancora una volta l’espressione gattopardesca appoggiata dai soliti Franceschini, Bettini e Orlando o se perseguirà un approccio superficiale alle questioni sociali della sinistra, un po’ da sardina diciamo.
Noi (o almeno io) siamo qua: veteromarxisti, ma con qualcosa di Weber, Schumpeter, Adorno e Horkheimer, cisgender ed etero come mamma ci fece nei formidabili anni ’60 che però sfiorammo solamente.
Non mettiamo cuoricini facilmente, né piantiamo bandierine e, soprattutto, non cerchiamo casa sotto il ritratto di Berlinguer. Quello che conta, per noi, è che la nostra reputazione di “vecchie brontolone” rimanga inossidabile.
Questa è la via.
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