Molte persone sono convinte che, in democrazia, la loro ignoranza valga quanto la conoscenza. Se non fosse che l’ignoranza e la sua gemella, l’arroganza, spesso si coalizzano per dare vita alla cosiddetta “voce del popolo”, si potrebbe cadere nell’inganno di pensare che sia giusto dare spazio a qualunque borborigmo di binari e fallocefali.
In fondo la traduzione più accreditata di democrazia [dal greco δημοκρατία, composto di δῆμος, popolo, e κρατία, crazia, col significato di “potere”] non è forse “governo in cui il potere risiede nel popolo” ed in cui il popolo, ancorché stupido, esercita la sua sovranità attraverso un numero variabile di rappresentanti?
Churchill sosteneva che l’argomento migliore contro la democrazia fosse una conversazione di cinque minuti con l’elettore medio. Ahimè, aveva ragione!
Avere a che fare con uno stupido è infatti stancante oltre che assolutamente improduttivo. Tra i vari tipi di persone gli stupidi sono sempre i più pericolosi. A prima vista sembrerebbe che l’istruzione possa essere ritenuto un parametro importante per tirare una linea di confine tra chi è stupido e chi non lo è, ma quest’affermazione è verificata solo fino a quando non ci capita di incappare negli stupidi istruiti: i peggiori di tutti.
Si potrebbe allora dire, ironizzando sul noto paradosso di Schrödinger, che una persona è contemporaneamente stupida o intelligente finché non apre bocca. In realtà la stupidità non è tanto sinonimo di mancanza di intelligenza. Al contrario essa si presenta sotto forma di eccesso: di superficialità, di risentimento che sviluppa arroganza e, solo buona ultima, di ignoranza.
Lo stupido è una persona che principalmente non sa di sé, ma è convinto che appartenga alla sua natura l’urgenza di manifestarsi agli altri. La stupidità non è mai muta. E questo spiega perché la democrazia, pur essendo la miglior forma di governo, non ha ancora trovato un popolo alla sua altezza.
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