La Camera dei Deputati ha approvato in via definitiva la ratifica della “Convenzione quadro del Consiglio d’Europa sul valore del patrimonio culturale per la società, fatta a Faro il 27 ottobre 2005”. Prima di arrivare alla sua approvazione, la Convenzione ha subito moltissimi fermi legati soprattutto all’ostilità (mai celata) verso il provvedimento da parte della Lega e di Fratelli d’Italia. A oggi, la Convenzione di Faro è stata ratificata da 19 paesi (l’ultima la Svizzera nel mese di dicembre 2019) e solo firmata da altri 6 (tra cui l’Italia e la Spagna). Tra i principali paesi che non hanno né firmato né ratificato la Convenzione, ci sono la Francia, la Germania, il Regno Unito, la Grecia e la Russia.
Ma di cosa stiamo parlando, cosa stabilisce la convenzione?
La Convenzione ha certamente portato una ventata di novità all’interno del mondo culturale indirizzando gli operatori del settore e le istituzioni verso una revisione in senso democratico delle politiche culturali, inaugurando di fatto una nuova stagione.
La Convenzione si fonda sul presupposto che la conoscenza e l’uso dell’eredità culturale rientrino pienamente fra i diritti umani, ed in particolare nell’ambito del diritto dell’individuo a prendere liberamente parte alla vita culturale della comunità e a godere delle arti, come previsto dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948 e dal Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali del 1966.
Nello specifico la Convenzione di Faro intende promuovere una comprensione più ampia del patrimonio culturale e del suo rapporto con le comunità che lo hanno prodotto ed ospitato. Il testo, che integra gli strumenti internazionali esistenti in materia, definisce gli obiettivi generali e suggerisce possibilità di intervento da parte degli Stati firmatari, in particolare in ordine alla promozione di un processo partecipativo di valorizzazione del patrimonio culturale. La Convenzione non impone specifici obblighi di azione per i Paesi firmatari, lasciando ad essi la libertà di decidere sui mezzi più convenienti per l’attuazione delle misure in esso previste.
Definisce quindi i suoi obiettivi e individua il “diritto al patrimonio culturale”, riconoscendo la responsabilità individuale e collettiva nei confronti del patrimonio culturale e sottolineando l’importanza della sua conservazione ed il suo ruolo nella costruzione di una società pacifica e democratica . Il testo connota il “patrimonio culturale” come l’insieme delle risorse ereditate dal passato, riflesso di valori e delle credenze, e la “comunità patrimoniale” quale insieme di persone che attribuiscono valore a quel patrimonio. La Convenzione definisce quindi i diritti e le responsabilità concernenti il patrimonio culturale e fissa l’impegno per le Parti firmatarie a riconoscere il suo interesse pubblico, a valorizzarlo, a predisporre disposizioni legislative conseguenti e a favorire la partecipazione alle attività ad esso correlate. Inoltre con l’articolo 7 ‘Eredità culturale e dialogo’ i Paesi firmatari della Convenzione si impegnano attraverso le autorità pubbliche o altri enti competenti ad «incoraggiare la riflessione sulla diversità culturale ed al rispetto per la diversità delle interpretazioni e stabilire i procedimenti di conciliazione laddove valori tra loro contraddittori siano attribuiti al patrimonio culturale da comunità diverse
La Parte II della Convenzione è dedicata al contributo del patrimonio culturale allo sviluppo dell’essere umano e della società.
La Parte III è dedicata al tema della responsabilità condivisa nei confronti del patrimonio culturale e alla partecipazione del pubblico,
Il testo traccia inoltre uno stretto raccordo fra il patrimonio culturale e gli strumenti della conoscenza e della formazione.
La Parte IV è dedicata ai meccanismi di controllo e di cooperazione in relazione al patrimonio culturale, impegnando le Parti a sviluppare un esercizio di monitoraggio in tema di legislazione e di politiche.
La città di Marsiglia e quella di Venezia costituiscono due esperienza pilota dell’applicazione della convenzione.
La città di Marsiglia, grazie al dinamismo della sua Comunità di cittadini, ha costituito un interessantissimo terreno di sperimentazione della Convenzione che ha avuto particolare concretezza e successo durante «Marsiglia, Capitale Europea della Cultura 2013» mentre a Venezia si è via via accresciuto uno straordinario «fermento culturale partecipativo» grazie alla ricchezza intellettiva e culturale della locale comunità veneziana ed alla presenza e supporto dell’Ufficio di Venezia del Consiglio d’Europa. Ne è nato un movimento culturale definito ‘Processo di Venezia’. Certamente la Convenzione di Faro ha permesso di inaugurare una nuova fase creativa nel mondo culturale europeo proponendo pratiche e attività culturali partecipativi provenienti dal basso, mediante un processo bottom-up, ed incoraggiando fortemente il coinvolgimento delle comunità locali e dei territori (come espresso, ad esempio, a Venezia e Marsiglia nelle narrazioni delle proprie comunità cittadine).
Sarebbe auspicabile che anche Torino diventasse un ulteriore laboratorio per l’applicazione della convenzione e che questo tema fosse materia della prossima campagna elettorale della città.
Link utili:
https://edizionicafoscari.unive.it/media/pdf/chapter/978-88-6969-054-9/978-88-6969-054-9-ch-04.pdf