Mala tempora currunt sed peiora parantur
Viviamo in un’epoca in cui i populismi illiberali di destra trionfano nella funzione di temperamatite della restaurazione neoliberale. Dal canto suo il cosiddetto progressismo “de sinistra”, dopo aver cantato per decenni nel coro del pragmatismo global in economia e del mero mantenimento del potere in politica, appare oggi assolutamente inadatto a suscitare consapevolezza e a indicare prospettive utili a illuminare un orizzonte che superi in qualche modo l’attuale paradigma socioeconomico.
Il “modello” Piemonte
Con quel che emerge in Piemonte dall’inchiesta sul voto di scambio e sugli appalti in salsa ‘ndranghetista, vien da chiedersi perché diavolo si voti a giugno pensando di cambiare qualcosa.
Come scrive oggi Travaglio nel suo editoriale, «Torino è come Pompei: una città pietrificata non dalla lava, ma da un sistema di potere trasversale e consociativo che si autoperpetua da 50 anni con gli stessi uomini (o, se proprio muoiono, coi loro figli e figliocci). Non c’è bisogno di passare da destra a sinistra, o viceversa, perché governano tutti insieme a maggior gloria di chi comanda davvero: casa Agnelli, fondazioni bancarie, logge “progressiste”, collegio costruttori con tentacoli tecnocratici e politecnici, concessionari e appaltatori. “Quella che a Palermo si chiama omertà – diceva il procuratore Marcello Maddalena – qui si chiama riservatezza”».
“È giunta l’ora delle decisioni irrevocabili” (cit.)
Sarebbe arrivata l’ora per il PD (e la sinistra dei quartieri belli) di scegliere se rappresentare gli interessi dei pochi o quelli dei molti. Se stare dalla parte del bieco affarismo spacciato per sviluppo necessario, del subappalto infinito e delle stragi sul lavoro, oppure se ricominciare a tutelare il lavoro. Tutto qua.
Nella desolazione bipartisan della politica, la questione morale non riguarda solo il PD. Ne sono investiti tutti i partiti: quelli della destra di governo, con la “hit” del caso Santanchè, e i 5*, con la condanna a 8 anni all’ex presidente del consiglio comunale, all’epoca grillino, per la vicenda dello stadio della Roma.
Se è vero che il PD eredita ancora una fetta importante di quell’elettorato sulla cui formazione politica Enrico Berlinguer, il padre della questione morale, ha avuto un ruolo decisivo, sarebbe forse il caso che Schlein, invece di mandare in giro i talent scout Baruffi&Taruffi a selezionare il perdente migliore, ribadisse non solo con i richiami verbali l’impellenza di cambiare.
Purtroppo lo scontro politico disturba gli affari.