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Il “grigio pentimento” non basta. O sì?

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Il benaltrismo sempre in agguato

Si potrebbe pensare che sia assurdo, di fronte alle ondate di merda che stanno facendo affogare il mondo, accanirsi su Chiara Ferragni. Sicuramente si tratta di un problema piccino picciò, se messo a confronto con il mezzo milione di vittime del conflitto russo-ucraino, alle ventimila di quello Usaeliano in Palestina e a tutti quei morti minori che non sono degni di un articolo di “Rambo” Rampini.

Tuttavia negli ultimi decenni è stato dato fin troppo spazio a personaggi che incarnano il morbo della mercificazione di ogni aspetto dell’esistenza solo per raggiungere fama e ricchezza.

Sarebbe arrivata l’ora di dire basta

Riprendendo il pensiero di Paolo Desogus, facendolo nostro, siamo con lui a dire che “Il capitale e i grandi finanziatori della stampa non solo hanno un forte interesse a ripulire la propria immagine con le pratiche di rainbow washing, facendo propri alcuni selezionati temi civili, ma hanno bisogno di figure come la Ferragni per fare in modo che questi temi passino nel grande pubblico snaturati di qualsiasi dimensione sociale e collettiva. Dei diritti civili al capitale interessa solo il lato individualistico scorporato dalla dimensione materiale. Il capitale e i suoi detentori necessitano dunque di opinion maker o influencer in grado di cancellare qualsiasi traccia politica che possa in qualche modo ricordare che la base di ogni conflitto è quella tra sfruttatori e sfruttati, tra capitale e lavoro, tra detentori dell’egemonia e assoggettati a una cultura becera e meschina come quella di Ferragni e Fedez.”

A ridaje a ripetermi

Come scrivevo l’altro ieri qua sopra, è da tempo che la retorica liberale del self made (wo)man produce paginoni di articoli sdraiati sui giornali padronali, house organ della sinistra benestante. Il risultato è stato uno solo: sdoganare gente come Musk e i Ferragnez. Per Stampubblica, come per il Corriere e gli altri sedicenti quotidiani progressisti, la novità va di pari passo con la modernità, dunque è sempre di “sinistra”. Diamine, si è visto com’è andata con la globalizzazione!

Ragionare con i numeri

In tutta la vicenda Ferragni, al di là del fattore di miseria umana, c’è un aspetto che, non fosse altro che per amore di coerenza verso il paradigma che viviamo (o che subiamo), non va trascurato.

Da un lato c’è Ferragni, una macchina da soldi con 30 milioni di followers e dall’altro ci sono neanche 300mila panettoni venduti (con il 20% di invenduto andato al macero!): per farla breve, un tasso di conversione dello 0,9% nonostante, parola di Agcom, sia stata utilizzata una pratica commerciale scorretta.

Queste osservazioni da corso base di economia aziendale dovrebbero sfondare portoni sul fatto che l’impostazione della società consumista tardo capitalista, quella delle sacerdotesse dei filtri Instagram, regine di cuori del selfie griffato, sia in realtà l’ennesima bolla cognitivo (poco) reddituale (molto) del nulla che prova a misurare il nulla.

Peccato solo che i maitre a penser della sinistra patinata, vale a dire quella parte politica e ideologica che dovrebbe avviare una riflessione seria sulle dinamiche patologiche della società, siano troppo impegnati a ritenerle “rivoluzione” ed “emancipazione” per essere in grado di differenziarsi dal mood “ferragnesco”.

Che poi, a ben guardare, basta indossare una felpa color grigio pentimento, truccarsi poco e non avere alle spalle la solita muraglia di marchi per farsi perdonare tutto.

*Immagine di copertina intenzionalmente politically incorrect

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Esimio "signor nessuno", anarcoinsurrezionalista del tastierino, Scienze politiche all'Università, ottico optometrista per campare. Se proprio devo riconoscermi in qualcuno, scelgo De André. Ciclista da sempre, mi piacciono le strade in salita. Ci si vede in cima.
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