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Il decreto Caivano è una boiata pazzesca! Pura propaganda!

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“Magiche le elezioni, a fare promesse siamo i campioni”, canta Fabri Fibra con Colapesce e Dimartino in un brano che potrebbe essere insieme la sinossi e, un po’ lo speriamo da queste parti, l’epitaffio del governo a più alto tasso di propaganda dai tempi del Ventennio.

Il decreto Caivano è una specie di Ortro, il cane bicefalo. Con una capoccia  inasprisce le pene e si ripromette di togliere con più facilità la patria potestà ai genitori, arrivando a minacciare la galera per chi non manda a scuola i figli, e con l’altra taglia i fondi per il settore sociale, sanitario ed educativo e promuove in Piemonte la legge Allontanamento Zero, che limita l’operatività di servizi sociali e giudici in merito agli allontanamenti dei minori dalle famiglie altamente problematiche.

Come per tutto quanto visto finora in capo a Meloni, parentame vario ed ora anche mitologia, c’è una contraddizione tra il “gridato” dai b(r)anchi dell’opposizione e il portato a termine come combriccola del “fatece largo che governamo noi”. (semicit.)

Quel che si vede, ahinoi, non è “intuizione, fantasia, colpo d’occhio e velocità d’esecuzione” (cit.), ma il triste ricorso al solito velo dei piangini (“È tutta colpa dei governi precedenti”), alzato a dissimulare volti lombrosiani che non fanno onore al passato “eroico” di fez e braghe alla zuava.

Tutto da quelle parti sa di posticcio. E allora, quando il velo inesorabilmente cala, mostrando i grugni incarogniti dall’inettitudine, l’unica sponda che rimane è il ricorso a un evergreen: la repressione.

Che poi altro non è se non il riportarsi in sintonia con quella Storia a cui questo “gruppo di famiglia” non smette di guardare quando il presente gli dice male.

 

 

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Esimio "signor nessuno", anarcoinsurrezionalista del tastierino, Scienze politiche all'Università, ottico optometrista per campare. Se proprio devo riconoscermi in qualcuno, scelgo De André. Ciclista da sempre, mi piacciono le strade in salita. Ci si vede in cima.
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