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È tutto capitalismo dal volto (dis)umano

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Io vorrei scrivere di palchi della Scala, di antifascismo e di sdegno nei confronti delle tonfate prenatalizie calate da certa sbirraglia su studenti, insegnanti e NoTav. E vorrei farlo riempiendo le mie riflessioni di “ə” e asterischi, come fanno quell* di SEL, perché è importante essere ggiovani e modern* nel comunicare, anche se poi chi vince in libreria è Vannacci.

Invece sto qua a baloccarmi con uno dei miei chiodi fissi, il neo/ultraliberismo, ripescando concetti appresi oltre trent’anni fa all’università. Tutta roba che non mi era servita a una cippa fino ad ora, dal momento che la vita e il lavoro mi hanno portato altrove.

Se è vero che dovremmo parlare solo delle cose che sappiamo (o crediamo di sapere), stando zitti e informandoci quando non sappiamo, è altrettanto vero che l’atteggiamento di chi sceglie a vario titolo di essere spettatore passivo dei mali della società porta alla frammentazione e al vivere in microcosmi cognitivi, bolle reddituali o entrambi.

È un po’ quello che ho cercato di raccontare qua, facendomi aiutare dal rapporto annuale del CENSIS:

https://ittica.org/i-sonnambuli/?fbclid=IwAR0yQVYdRcs2iy7Saa7s6U1u0Hy5ibDyizduizaPwFJc8tVW_Fi_3lZZqio

Non va certo meglio con il ceto politico che vorrebbe rappresentarmi, anche se io ricambio prendendone ogni giorno le distanze con il mio sarcasmo di stampo nichilista. Però dai, un po’ li capisco: gente brava con la consecutio almeno quanto lo è a tagliare nastri, a piantare alberi nei parchi, a vestirsi a modo per i selfie sui social e a sorridere mostrando sempre la chiostra di denti curati di chi ha la sanità integrativa. È naturale che sviluppino il senso di fastidio e l’autoreferenzialità  conclamata tipici di chi ti guarda dall’alto, aspettandosi la dovuta deferenza.

Tuttavia non bisogna lasciarsi fuorviare: sono i riflessi pavloviani di chi reagisce soprattutto su un piano estetico-morale alla miseria reale di chi respira la povertà ad ogni fine mese o utenza. Finito il momento partecipativo, tornano in ZTL a riconoscersi tra pari e a brindare allo scampato pericolo.

E allora eccomi qua signor giudice, puntuale ancora una volta su questo blog “ostinato e contrario”, a fornire il mio modesto contributo di informazione, cercando di riassumere quel che siamo.

Siamo un paese ultraliberista. Dopo la svendita del 25% del Monte dei Paschi e l’annuncio della cessione di una quota, forse il 5%, di Eni, si stanno facendo sempre più consistenti le voci della cessione di una quota rilevante di Poste Italiane, dove il Mef ha il 29,2% e Cassa Depositi e Prestiti il 35%. Come negli altri due casi, gli acquirenti sarebbero i grandi fondi finanziari che già sono presenti in Poste, come in Mps e in Eni. Come negli altri casi, l’obiettivo del governo sarebbe fare cassa per ridurre il debito pubblico, seguendo le “dritte” di von der Leyen & soci. Siamo pertanto un paese ligio alla dottrine del rigore del celeberrimo “ce lo chiede l’Europa” che decide di suicidarsi economicamente:

a) cedendo tutte ma proprio tutte le partecipazioni che garantiscono dividendi: una tradizione che ha origine su un panfilo;

b) riducendo ancora e ancora il perimetro della spesa sociale: il lavoro sporco fatto non solo da megere plebee e trangugiatori seriali, ma anche da professoroni e banchieri “prestati alla politica”.

Poi, siccome il dubbio è una passerella che trema fra l’errore e la verità, ci metto un attimo a contraddirmi, arrivando addirittura a pensare che non siamo affatto un paese ultraliberista. Perché, per esserlo, la nostra classe politica dovrebbe possedere un bagaglio teorico che includa von Hayek, Friedman e i “Chicago boys”. Forse Giorgetti li padroneggia un poco, ma davvero vi immaginate che possano ardire a tanto il Girasagre, il ministro cognato, la soubrette che ci spiega la legittima difesa e il resto delll’amena combriccola che ci accompagna nell’avventura di governo più scrausa di sempre?

Ahimè la verità è, come al solito, molto più banale: siamo un Paese con le pezze al culo che, da 40 anni, è governato da cialtroni bipartisan. Costoro, per conquistarsi un po’ di gloria e retribuzioni che in condizioni di libero mercato si sognerebbero, comprano il tempo alienando progressivamente il patrimonio di famiglia.

La dimostrazione concreta di quel che dico? Da quando è iniziato il “risanamento”, siamo diventati più poveri, più indebitati e conduciamo esistenze di merda in un Paese nel quale non c’è più nessun servizio che funzioni decentemente a meno che non si creda a ciò che ci viene propinato dalla cosiddetta libera informazione, talmente libera da essere nelle mani degli eredi di un pregiudicato evasore seriale o della cassaforte di famiglia della più nota dinastia italica.

Ma intanto continuiamo pure a discutere animatamente della composizione dei palchi della Scala. Ce ne verrà un gran benə.

🌹🏴‍☠️

 

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Esimio "signor nessuno", anarcoinsurrezionalista del tastierino, Scienze politiche all'Università, ottico optometrista per campare. Se proprio devo riconoscermi in qualcuno, scelgo De André. Ciclista da sempre, mi piacciono le strade in salita. Ci si vede in cima.
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