Il discorso di Meloni agli industriali del Nord è stato pronunciato con l’unico scopo di acchiappare applausi. Quando non strabuzza gli occhi e non urla come un’ossessa, la premier riesce nel non facile compito di essere:
✔️ Piena di elogi al ruolo dell’impresa nella crescita del PIL proprio come il suo illustre predecessore, il Cavalier Benito Mussolini, il quale si arruffianava agrari e industriali facendo tonfare dai suoi sgherri contadini e operai;
✔️ Retorica al limite dello stucchevole nel dare fiducia alle virtù del genio italico;
✔️ Nazionalista dal tratto elegiaco dannunziano quando ha detto dell’Italia che è la nave più bella del mondo. Oh, se il riferimento era al Titanic, per una volta sono d’accordo con lei.
il punto più alto dell’intervento è stato toccato quando, resa ebbra dalle sue stesse parole, ha opposto con tono fiero e mascella volitiva il rifiuto assoluto al salario minimo e ha avocato a sé il merito dell’eliminazione del reddito di cittadinanza. Infine ha aggiunto che, per assicurare una nuovo Ventennio di sviluppo del Paese, il governo metterà “tutti ai remi”. Codroipo!
Discorsi stronzi, paraculi o entrambi ne ho sentiti tanti dai politici da quando, all’università, incominciai ad interessarmi di élite, modelli di sviluppo e processi decisionali (per poi decidere di fare altro nella vita), ma uno così violentemente classista e palesemente schierato contro chi è messo a dura prova dagli “effetti collaterali” del paradigma neoliberista mai.
Forse il tentativo di diventare la groupie degli industriali è stato troppo persino per gente che, è pur vero che introita profitti senza curarsi troppo delle conseguenze, ma preferisce farlo senza essere smaccatamente bastarda.
È lo stile che definisce l’uomo. E, nel caso di Giorgia Meloni, anche la donna.
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