A volte mi domando come si possa essere ciechi e sordi di fronte alla crisi climatica. Muti no, perché di puttanate negazioniste ne vengono dette anche troppe.
Eppure basterebbe leggere il durissimo bollettino sul global warming pubblicato dall’Organizzazione meteorologica mondiale (WMO), mica da qualche cazzone gombloddista, per rendersi conto di quanto la situazione sia grave.
Secondo le stime della WMO, nel prossimo quinquennio le temperature potrebbero raggiungere picchi mai visti e che si pensava sarebbero arrivati solo molto più in là nel tempo, superando anche la temuta soglia critica di +1,5 °C.
Stando ai dati più recenti, c’è una probabilità del 66% che la temperatura atmosferica vicino alla superfice terrestre superi di 1,5°C per almeno un anno i livelli registrati nell’era pre-industriale. È invece pressoché certo (con una probabilità del 98%) che il quinquennio 2023-2027 sarà il più caldo mai registrato dall’uomo.
Ci troviamo, proprio come i carabinieri e l’anziano della foto in copertina, dentro una catastrofe destinata a ripetersi e prevista da anni. Il nostro Paese è oggi tra i più vulnerabili del Mediterraneo. Altroché “open to Meraviglia”!
Non è certo tagliando del 45% i fondi per la tutela del territorio e la prevenzione del dissesto, come ha fatto il governo Meloni con l’ultima legge di Bilancio, che si forma una coscienza ambientale nel Paese. Basti pensare che siamo passati da 779,5 milioni del 2023 (una miseria) a poco meno di 419 milioni per il 2025.
Come se non bastasse, proprio mentre i fiumi esondavano, il governo poneva la fiducia al decreto del ponte sullo Stretto e il ministro dell’Ambiente, Pichetto Fratin, non trovava di meglio da dire ai giornali che addossare la colpa del presente disastro ai tanti no degli ambientalisti.
Va da sé che attribuire la causa di tanti disastri – come si legge in un disegno di legge presentato nel 2018 dall’immancabile Lega – “alla mancata pulizia degli alvei dei fiumi e dei torrenti che provoca l’innalzamento degli alvei, dovuto alla cronica deposizione dei sedimenti e di trasporto solido, riducendo la sezione, che non riesce più a contenere il volume d’acqua del bacino scolante” appare quantomeno riduttivo.
Il documento continua: “La maggior parte dei problemi sarebbe risolta con una manutenzione costante del corso d’acqua, liberandolo dai tronchi d’albero e dal materiale vegetale che ne impediscono il regolare deflusso, e con una pulizia del fondale dei fiumi e dei torrenti dalla deposizione della sabbia e della ghiaia trascinate dalla corrente, che ripristini la storica condizione dell’alveo e la sezione originale di deflusso”.
Una situazione da ascrivere, secondo gli esponenti del Carroccio, ma anche secondo il berlusconiano Pichetto Fratin, ad una “legislazione obsoleta, carica di inopportune ideologie ambientaliste».
La soluzione? Tre anni di concessione di “poteri straordinari” ai presidenti delle Regioni. Tra questi, la possibilità di autorizzare privati a estrarre “ciottoli, ghiaia e sabbia e altre materie” dagli alvei dei fiumi, sino al “ripristino del livello storico dell’alveo”. Il materiale asportato potrà poi essere ceduto ai privati, secondo la logica della compensazione, per ripagare il lavoro svolto. E ti pareva!
Tutto risolto dunque? Eh beh, non proprio.
Da perfetto ignorante mi sono preso la briga di andare a leggere un po’ di letteratura scientifica per scoprire che l’annosa diatriba sui sedimenti fluviali rappresenta uno dei tanti esempi di cattiva informazione.
In pratica, è diffuso il luogo comune per cui la presenza di ammassi di materiali ghiaiosi nei nostri fiumi sarebbe da annoverare tra le cause delle sempre più frequenti alluvioni, in quanto questi materiali avrebbero innalzato il letto dei fiumi, riducendone la sezione di deflusso ed aumentando quindi i rischi di esondazione.
E invece…
A leggere (!), si scopre che tali asserzioni non hanno basi tecnico-scientifiche e che, al contrario, i dati che si hanno a disposizione sostengono il contrario.
In primo luogo, occorre separare e distinguere gli interventi puntuali di rimozione degli inerti dall’alveo da una diffusa e generale operazione che dovrebbe interessare interi reticoli fluviali. Nel primo caso le opere possono essere utili, anzi necessarie (ad esempio all’interno di centri abitati), mentre nel secondo non solo sono inutili ma addirittura dannose.
Le ragioni sono molteplici. In primo luogo, mentre si sostiene che l’accumulo di inerti come ghiaia o sabbia, è andato aumentando negli ultimi decenni, è vero generalmente il contrario. Il letto nei nostri fiumi non si sta alzando, ma si sta abbassando. L’eccessiva escavazione di sedimenti dall’alveo che si è verificata dal secondo dopoguerra all’inizio degli anni Ottanta del secolo scorso ha scatenato un impressionante fenomeno di erosione regressiva con la conseguente massiccia incisione degli alvei.
Proseguendo nella mia ricerca, ho scoperto che il Po a Cremona si è abbassato di oltre sei metri in cent’anni e che i ponti che attraversano i principali fiumi piemontesi hanno i pilastri scalzati. Quest’ultimo fenomeno è facilmente riscontrabile empiricamente a Torino percorrendo la ciclabile che fiancheggia il Po, da Parco Europa fino al Meisino, nei momenti di secca.
Ma allora Il problema della gestione degli eventi alluvionali non si risolve facendo scorrere più velocemente l’acqua? A quanto ho capito, pare proprio di no.
Per non dilungarmi oltre, vado di sinossi:
✔️ Rispetto delle fasce boscate naturali
✔️ Rispetto della naturale morfologia degli alvei
✔️ Rispetto delle naturali aree di espansione del fiume
✔️ Lotta assoluta all’abusivismo edilizio e alla costruzione di edifici e strutture nell’alveo di piena
La gestione dei fiumi, purtroppo, viene sempre più spesso affrontata trascurando quando non addirittura mettendo in discussione l’approccio tecnico-scientifico.
Il problema è che ormai in qualsiasi campo assistiamo tristemente al dilagare di una mentalità ed al proliferare di teorie che, pur ammantandosi di una patina scientifica, rifiutano o comunque non hanno alcuna corrispondenza con il metodo sperimentale. A volte è solo bieco affarismo dissimulare, altre è proprio crassa ignoranza delle basi. E, se c’è di mezzo un leghista, possiamo essere ragionevolmente certi di entrambi.
L’ho già scritto qua sopra parlando di senatori, cooperative e assessori torinesi, ma è un ragionamento che può essere applicato ad altri ambiti: se non si cambia il paradigma socioeconomico, non si risolve nulla, ma si trasla semplicemente il problema. Dall’insostenibilità dell’affarismo in politica si passerà a quella ambientale e poi ad un’altra ancora, tuttavia la sostanza resterà la stessa. Sempre.
“Acqua che ha fatto sera che adesso si ritira
Bassa sfila tra la gente come un innocente che non c’entra niente Fredda come un dolore Dolcenera senza cuore”🌹🏴☠️