Anche il “terzo polo” è andato.
In realtà, se non fosse stato per la costruzione artificiale di consenso operata dai giornali padronali e perpetuata da cantori della borghesia “newyorchese” quali Gianni Riotta, la fuffa di Renzi e Calenda avrebbe potuto al massimo aspirare ad essere il quinto polo. Perché terzo, nella realtà, non lo è mai stato, essendo arrivato alle politiche dietro FdI, PD, Lega e FI
La somma di due partitini gravemente minati sul nascere dal “linfoma leaderistico” e appiccicati insieme con la saliva di “autorevoli” pennivendoli ha avuto l’ardire di presentarsi come la casa dei liberali italiani. Patetici è vero, intanto non mollano.
Pare che a scatenare l’ira di Calenda sia stata una frase di Renzi che lo ha definito a mezzo stampa letteralmente “pazzo” per avere “sbagliato il dosaggio delle pilloline”.
La reazione è stata un tweet (ok boomer!) che ha fatto svanire pure gli ardori dell’aedo Riotta: “Renzi voleva fregarci, ma questa volta lo “stai sereno” non è riuscito. Fine”.
Gente, questa è la politica in Italia al tempo delle leadership personali! Quali cazzo di ideologie o pensieri minimamente strutturati!? Marx vs Mill? Keynes vs Friedman? Tutte stronzate!
Lo scontro è tra singoli e si svolge a prescindere da qualsivoglia visione e programma (“Aaah, la Weltanschauung!”,direbbe il Guastardo di Fabio De Luigi). Però dai, turlupinare i boccaloni simulando saggezza, sapienza e competenza è utile come copertura alla lotta per il potere.
“Nella crisi dei partiti, il leader appare ormai privo della corazza della responsabilità collegiale, conquista della civiltà dello stato democratico. Come gli antichi sovrani, cui sempre più rassomiglia, il capo del partito personale torna a essere nudo”, scrive il politologo Mauro Calise* in un saggio che ha avuto una certa fortuna.
Si tratta della rivoluzione – o involuzione – iniziata da Berlusconi quarant’anni fa a colpi di “discese in campo”. È l’esempio di leader carismatico trattato ampiamente da Max Weber e che i due epigoni in questione vorrebbero oggi imitare.
A ben vedere, sarà proprio a partire dalla fine naturale del partito personale del Cavaliere (e del Cavaliere) che si potrà tentare di capire cosa sta succedendo in Italia.
“Il Faina” Renzi, indubbiamente assai più sveglio o anche solo più spregiudicato di “Clouseau” Calenda, non può non aver pensato che la morte del satrapo di Hardcore rappresenti per lui l’occasione per (ri)costruirsi un partito tutto suo. Proprio come fece con il PD, rifilando sole a destra, a manca e lasciandolo a tutt’oggi pieno di infiltrati.
Sarà un caso se, nel suo nuovo ruolo di direttore editoriale de Il Riformista, Renzi abbia deciso di scegliere come direttore responsabile Andrea Ruggieri, già uomo di fiducia di Berlusconi e deputato di FI?
Se credete agli unicorni, rispondete sì.
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*Mauro Calise insegna Scienza politica all’Università di Napoli Federico II ed è editorialista del “Mattino”. Ha fondato e dirige Federica.eu, la piattaforma di didattica multimediale open access leader in Europa.
Per Editori Laterza ha scritto “Il partito personale. I due corpi del leader”, 2010