Sovranismo è una parola vuota che parla di chiusura da parte di chi non riesce a guardare oltre il suo ombelico. È l’assenza di progettualità dissimulata da conservazione dei valori, una sorta di loop temporale fatto di infinito presente. Invece progettare il futuro significa evolvere, cambiare registro comunicativo, mutare faccia e non facciata. In altre parole vuole dire credere che una società possa ritenersi ragionevolmente progredita non tanto in funzione del profitto che realizza, ma di quanto equamente lo distribuisce tra i suoi attori.
I sovranisti hanno capito che la paura rende le persone fragili, l’ignoranza porta ad essere meno propensi al ragionamento e i bisogni a lungo insoddisfatti fanno cadere nella rete dell’arruffapopoli del momento. L’opinione pubblica è costantemente deviata da assurdità quali l’andirivieni di quattro poveracci dall’Albania e dalla coda polemica tra il governo e i giudici, laddove la querelle tra politici e magistrati si risolverebbe a reti e giornali unificati con un solo titolo: la magistratura applica la legge prevalente europea. Punto.
Da FoxNews a TeleMeloni, l’informazione pecorizzata non deve neppure fare troppa fatica a convincere che Trump è uno di noi. Con percentuali di astensionismo che quasi ovunque si attestano intorno al 50%, il primo partito mondiale è ormai quello del “cazzomene”. É il partito di chi non partecipa, ma consente implicitamente governi e amministrazioni di minoranza rendendo esplicito il rovesciamento del principio secondo cui in democrazia governa il popolo o, mal che vada, la maggioranza.
Viviamo in un’epoca in cui i populismi illiberali di destra, approfittando della disgregazione del tessuto culturale e sociale delle nazioni, svolgono la funzione di temperamatite della restaurazione neoliberale. Dal canto suo il cosiddetto progressismo, dopo aver cantato per decenni nel coro del pragmatismo global in economia e del mero mantenimento del potere in politica, appare oggi assolutamente inadatto a suscitare consapevolezza e a indicare prospettive utili alla ridefinizione dell’attuale paradigma socioeconomico.
Come si può evincere dagli ultimi due rapporti del Censis (2022 e 2023), la società italiana vive ogni anno di più in una sorta di «latenza di risposta, sospesa tra i segnali dei suoi sensori e la mancata elaborazione di uno schema di funzionamento». In altre parole, gli italiani si stanno sempre più rifugiando in uno «spicchio di benessere quotidiano» e, di fronte ai «cupi presagi», mostrano «una colpevole irrisolutezza». Siamo cioè impauriti e vuoti, con desideri piccoli e con la tendenza a ritrarci nel nostro privato senza una prospettiva collettiva per il futuro.
Ieri e oggi si vota in Emilia Romagna e in Umbria. Come è stato per la Liguria qualche settimana fa, la percentuale di votanti alle 19 di ieri era appena sopra il 30%. Domani Meloni e Schlein cercheranno di darvela a bere lamentandosi per l’assai probabile astensione al 50%, ma voi non cascateci: questo per loro è più un obiettivo raggiunto che un problema da affrontare.
Oh, non è che se metti la cravatta rossa di Trump e usi il linguaggio di Trump, sei Trump. Sei semplicemente il capetto di un partito che stava quasi al 40% e ora sta all’8%. Allo stesso modo, se sei Giorgia e hai il 30% nei sondaggi del 50% di chi vota, rappresenti il 15% degli Italiani. Se il 20% di chi si astiene ha un solo motivo per alzarsi dal divano, può cambiare tutto. Proprio ciò che non deve accadere.
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