Premessa
Non sono mai stato negli USA, però leggo compulsivamente e provo ad elaborare. Purtroppo non ho neppure molti amici che vivono laggiù con i quali confrontarmi per trovare conferme o smentite alle mie riflessioni. Ergo, potrebbe essere che i miei bias cognitivi non siano esenti da qualche minchiata.
Perché torna di moda il biondo
Sostenere che poveri e ignoranti abbiano votato in massa Trump è drammaticamente vero, ma certo non giustifica il disprezzo da gauche caviar di Michele Serra per l’accozzaglia di stolti che per metà non si accorge di quanto faccia schifo Trump e «per l’altra metà è entusiasta di votarlo, perché è patologica a sua volta».
La parabola dei dem in Usa ha molti punti di contatto con quella del fintoprogressismo italiano, ma il più evidente è quello di aver smarrito la mission del socialista per antonomasia, il vulcaniano Mr. Spock: «Le esigenze dei molti contano più di quelle dei pochi. O di uno». Se ancora ne trovaste traccia nei maître à penser attuali e aveste qualche dubbio su dove riporla, potreste tranquillamente ricondurla al paraculismo da quartieri belli strumentale al mantenimento dello status quo.
Qualcosa è andato storto
Negli ultimi quarant’anni abbiamo dilapidato un patrimonio di conquiste sociali sostituendole da un lato con l’ossessione dell’Io e dall’altro con il paradosso dell’avvento di una nuova Golden Age come conseguenza della globalizzazione.
Il progressismo per percolazione (trickle down) dettato dagli arrivati che si sono uniti alle erre mosce delle ZTL per banchettare alla tavola del privilegio non è molto diverso dalla teoria economica che si basa sull’assunto secondo il quale i benefici economici dei ceti abbienti (soprattutto in termini di riduzione/evasione/elusione dell’imposizione fiscale) finiscono con il favorire l’intera società.
Volete sapere perché Trump ha vinto? Bene, vi droppo subito la bomba: il problema non è Trump. In realtà la vera domanda è la seguente: “perché quelli che ne sanno un botto e non ruttano a tavola hanno perso?”
Quando un tamarro del Queens incontra un fighetto di Central Park, il fighetto di Central Park è un uomo morto
Facendo impallidire Lapalisse, qualcuno ha scritto di recente che i progressisti americani hanno creduto che bastasse circondarsi di star di Hollywood e che fosse sufficiente sentirsi più intelligenti e moralmente più giustificati dell’avversario per portare a casa il risultato. Invece, guarda un po’ cosa va a capitare, il paese reale è fatto di persone pervase da una stanchezza profonda, sia economica che culturale.
L’attrattiva di Trump et similia non è tanto quella di promettere un lavoro migliore a gente che vede i propri salari erosi e il mutuo della casa a rischio, ma quella di far licenziare il loro vicino. Se poi capita che questo sia un “latino”, frocio e pure comunista, ancora meglio. Questo è il nocciolo del problema ed è un problema anche nostro.
Mal comune mezzo gaudio?
Le bimbeminkia e i girasagre de noantri, ma anche i neonazi della civilissima Europa “di sopra” non sono spuntati una notte sotto un pino, ma sono la risposta al si salvi chi può delle élite. Se la tecnica del lisciare il pelo non funziona, si cambia spartito e si ripropone il collaudatissimo divide et impera. Le persone hanno smesso di pensare con la testa e lo fanno con il culo? Bene, è già pronto il registro comunicativo a base di astio da insinuare a dosi massicce attraverso tv, giornali e social media complici. Con buona pace delle stronzate da woke culture di Taylor Swift.
I guai negli USA, come nel resto dell’Occidente, oggi si chiamano povertà, disoccupazione giovanile, precariato, sfruttamento e stato di continua belligeranza. E poi ancora sanità e scuola pubblica allo sfascio, inflazione inarrestabile e, buona ultima, una sottovalutazione dei cambiamenti climatici causati dall’antropizzazione al limite dell’ostinazione patologica.
Res sic stantibus, perdonatemi se pecco di presunzione nel ritenermi ragionevolmente sicuro del fatto che non sarebbe stato il sindacato attori a salvare l’America così come non lo farà Trump. Tanto è vero che Musk, il suo alter ego più giovane, ha capito da tempo che il pianeta è fottuto e sogna di terraformare Marte per farne la nuova patria delle élite.
Non è solo un problema di soldi
Certamente ricondurre il bailamme della società contemporanea ad analisi esclusivamente economiciste spiega molto, ma non tutto. Ad esempio non spiega perché, in un momento in cui i dati macroeconomici davano ragione all’amministrazione dem, sia arrivato il rimbalzo trumpiano.
In effetti il discorso economicista rischia di allontanare la completezza dell’analisi, perché è fortemente penalizzato dal vizio d’origine che non riesce a vedere nei singoli altro che entità di cui predeterminare i bisogni materiali seguendo la logica che fa coincidere il benessere con la possibilità di consumo.
La dimensione culturale potrebbe venirci in soccorso, ma…
Oggi gli Stati Uniti non sanno più chi sono. Gli intellettuali non svolgono una funzione di intermediazione linguistica prima ancora che culturale con le masse popolari e paiono introiettare un pessimismo di fondo sul futuro del mondo che vizia ogni tentativo di andare a sintesi al di fuori della comfort zone accademica. Allo stesso modo le élite uscite dal secondo dopoguerra si sono progressivamente sganciate dalla vita reale stando attente a non mettere in crisi il paradigma neoliberista che le ha portate in cima alla catena alimentare. Pretendere che costoro si immergano nel bagno purificatore del vivere nelle grandi periferie urbane e rurali o nella realtà del lavoro vale quanto sperare che si rimetta in moto l’ascensore sociale e, soprattutto, che qualcuno possa riprendere a salirvi senza scordare come si sta ai piani bassi.
Lo scenario internazionale
Quella a cui stiamo assistendo è la vittoria quasi ovunque di gente che nei salotti buoni viene troppo spesso liquidata con la solita supponenza classista come “onda nera”. Manco se la massima aspirazione di questi vecchi e allo stesso tempo nuovi player politici fosse quella di far sventolare bandiere con le svastiche e non fossero in realtà stati arruolati, con tanto di grugni lombrosiani, a difesa del Capitale. Di contro le sinistre vivono ormai in una dimensione di totale spaesamento e sconnessione dopo decenni spesi a rincorrere il privilegio ed a blandire coloro che dovrebbero rappresentare con l’autoreferenzialità parolaia.
Così il fatto che sia il pifferaio magico e non la fatina del dentino a mandare avanti gli Usa per i prossimi quattro anni non è importante tanto quanto il constatare che, al momento attuale, proprio non si riesce a costruire un soggetto politico trasversale che dica due parole sensate sul disastro ambientale incombente, sul ripudio di ogni guerra e sulla ridefinizione del paradigma dello sviluppo infinito. Quello che manca, in buona sostanza, è il ripristino di un equilibrio tra le istanze dei pochi e l’interesse generale.
Ideona: si potrebbe mandare su Vulcano un’astronave carica di tanta “bella gente” che conosciamo e vedere se tornano un po’ meno stronzi.
🌹🏴☠️🛸