La retorica di tanta sinistra fintoprogressista ci fa sapere che è facile fare i pacifisti col culo al caldo e che la guerra, se è giusta, è un male accettabile.
In realtà quel che sembra di scorgere dalla trincea del paese reale è una società paralizzata da una crisi istituzionale che ripropone sempre gli stessi cliché, a prescindere dagli attori in scena. In altre parole, proprio come è stato per la gestione della tanto sbandierata transizione ecologica, si sta consumando l’ennesima frattura tra quella parte di società che chiede una “revisione” del modello di sviluppo e le forze politiche che sostengono il governo.
In questi primi giorni di venti di guerra tutti, dal pd a Conte, da Calenda a Renzi, sono stretti a coorte attorno alla posizione espressa da Palazzo Chigi che, senza troppi giri di parole, sancisce l’entrata in guerra dell’Italia.
Ops!
In una situazione come quella presente, se si vuol essere veramente solidali con chi soffre, esistono due soluzioni parimenti praticabili, anche se di significato opposto.
La prima è quella di mettersi elmetto, anfibi e GAP per recarsi al fronte e usare in prima persona quelle armi che oggi ci si limita ad inviare per procura.
La seconda, quella così a occhio più giusta, è quella che passa attraverso le diplomazie per fare sì che le cessioni di libertà/sovranità di una o dell’altra parte siano dignitose e non si ricominci da capo e con nuovi pretesti ad ammazzarsi.
Di contro l’escalation militare, considerati i livelli di follia in campo, potrà solo causare quell’Armageddon che noi che viviamo sicuri nelle nostre case riscaldate (dal gas russo!) continuiamo a evocare, ma che in realtà non immaginiamo nemmeno.
Apriamo allora i corridoi umanitari, ma proprio tutti! Evitiamo per quanto possibile di farci intossicare dai veleni razzisti delle iene di certa politica su rifugiati di serie A e di serie B! Inviamo cibo, medicine, riempiamo le piazze di persone che vogliono pace in terra e lasciamo a casa le bandiere arcobaleno del manierismo, ma soprattutto quelle dei partiti!
Bernie Sanders, uno degli americani meno ascoltati del pianeta, recentemente ha detto: “Ora più che mai, quelli di noi che credono nella democrazia e nella giustizia devono lavorare per riunire i lavoratori di tutto il mondo. Invece di odio e divisione, affrontiamo l’avidità e l’ideologia dell’1% più ricco, e lottiamo per la giustizia economica, sociale e ambientale”.
Forse, se ci sforzassimo di approfondire in prima persona i problemi e incominciassimo a capirli veramente senza legarli al concetto di appartenenza, otterremmo un piccolo ma importantissimo risultato: dare dimostrazione di voler superare la nostra pavida ipocrisia. Solo a questo punto potremmo con ragione rispedire al mittente l’accusa di essere quelli con il culo al caldo.
Armiamo la pace non la guerra!