È già da qualche giorno che assistiamo all’ennesimo momento imbarazzante in casa PD: il flirt tra Bonaccini e Meloni.
Sarà che non molto tempo fa il governatore dell’Emilia Romagna ci rassicurava tutti sul fatto che Meloni non è fascista, sarà che conta sul suo “phisique du role”, ma è innegabile che si aspettasse la nomina a commissario all’emergenza.
Nel piatto ci sono fondi che, secondo le stime dell’inarrivabile ingegner Cane, pare possano arrivare a millemila miliardi. In realtà i miliardi sarebbero poco più di sei, ma al momento si tratta di soldi del Monopoli, giacché il decreto annunciato è, al solito, privo di coperture.
Ammettiamo per un attimo che Meloni riesca ad impietosire von der Leyen, convincendola che il paesello neofascio non sia solo l’espressione plastica di gente che rosica da ottant’anni e a cui non sembra vero di essere stati sdoganati dall’inettitudine della sinistra più che dai fallocefali che anelano alle adunate di piazza con tanto di braccia tese.
Tuttavia, come sempre capita tra parenti serpenti, se Meloni riuscisse nell’impresa di far cadere qualche soldino nel fez, la Lega si è già messa di traverso.
Tanti o pochi che siano i quattrini destinati alla ricostruzione, Salvini pensa giustamente che avere la possibilità di gestirli “in proprio” significhi avere in ritorno ricadute elettorali e mangiatoie per amici. Poco importa se in un’altra stagione della politica il governo Conte I (quello con Salvini dj) nominò commissario alla ricostruzione del ponte di Genova il sindaco di destra della stessa città, rendendo esplicito il principio che nelle emergenze è meglio gestire le cose sul posto piuttosto che a Roma.
A questo stesso ragionamento si accoda ora Bonaccini, chiedendo di essere lui ad amministrare i quattrini. Esattamente come accade per il Girasagre sin dai tempi dei suoi esordi in politica con i Comunisti Padani, la vertigine del potere non fa comprendere a Bonaccini che la sua pretesa è la stessa del lupo che si candida a custodire gli agnelli.
Come scriveva ieri qualcuno, se nel mondo fantastico della politica italiana Salvini, senza un Euro, può promettere quindici miliardi per il ponte sullo Stretto, perché Bonaccini non può sognare?
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