#iosonogiorgia
non ha fatto in tempo a suonarla per farli tornare ai banchi che il solito discolo girasagre ha di nuovo ruttato in classe.
Qualcuno avrebbe potuto pensare che l’istituzione del Ministero del mare fosse un’abile mossa della maestrina dalla penna nera per sganciare Poldo Sbaffini dalla sua altra ossessione.
E invece…
Il Poseidone verde, vicepremier e ministro delle Infrastrutture, ha chiarito che “nessuno gli può togliere la competenza sui porti e sugli sbarchi”.
Quindi, per prima cosa, ha convocato la guardia costiera per fermare le navi delle Ong e lasciar morire i migranti in mare come da copione.
Poi, per tornare ad essere il se stesso di sempre, ha pensato bene di convocare Giorgetti e di dettare l’agenda al governo: vuole la flat tax, le pensioni a quota 41, fraccate di dobloni per i soliti improbabili cantieri e la pace fiscale (che con quella nel mondo esso evaporerebbe come un peto).
Sono tutte ginocchiate in pancia a #iosonogiorgia.
Vien da chiedersi quando la premier più “maschiale” della Repubblica si romperà i coglioni.
Come era facile prevedere anche ai 🙈😎,
era solo questione di tempo (e di facce, thx Lombroso) prima che si svelasse la natura di un governo da tardo impero la cui “vision” non va oltre i vestiti cafonal della madama Garnero.
Va da sé che, mentre a spellarsi le mani in Europa per #iosonogiorgia sono i neofranchisti di Vox, la Le Pen, Orban e un po’ tutta la destra estrema, magari pure quella ucraina dell’Azov, l’opposizione più scrausa della Repubblica si ritrova a fare le barricate in piazza sull’articolo determinativo, sul merito e sulla sovranità alimentare.
Come a dire che ognuno si ritrova gli amici che si merita.
A presto su ittica.org per altri aggiornamenti “anarcoinsurrezionalisti” sulle disgrazie prossime venture.
Glossario per destrorsi e sinistrorsi (thanks to Paolo Gerbaudo):
«Sovranità e sicurezza, parole a cui il governo Meloni ha addirittura dedicato ministeri, non sono affatto “temi di destra”.
Sono i significanti padrone della nostra epoca di crisi della globalizzazione e di ritorno dello stato: significanti che peraltro in molti casi sono stati portati in auge proprio da movimenti di protesta di ispirazione progressista. Dopo l’antiglobalismo, la sovranità alimentare, e il linguaggio della “diversità” rigirato a modo loro (contro élite accusate di attaccare l’identità dei popoli), la nuova destra post-globale è un esempio spettacolare di “appropriazione culturale” di temi introdotti nel discorso pubblico dalla sinistra radicale e dal movimento anti-globalizzazione.
Il problema è piuttosto il modo in cui questi sono stati progressivamente abbandonati all’operazione di “significazione” della nuova destra, nel contesto di una progressiva normalizzazione della sinistra e della sua adesione culturale all’idea di una difesa della classe media globale contro i populismi.
In questa epoca storica non c’è modo di sfuggire a questa battaglia di significazione e dalla necessità di dare risposta al bisogno oggettivo di sicurezza.
Non bisogna inventare altre parole, bisogna dare alle parole il giusto significato.»