Io davvero non capisco. Stellantis, con i dividendi distribuiti in questi anni, i buyback e gli stipendi stellari dei manager, non fa nulla di diverso rispetto alla gestione di tutte le grandi aziende dell’Occidente (de)industrializzato.
L’obiettivo da raggiungere non è la piena occupazione che fa da volano ai consumi e alla crescita (Keynes! Chi era costui?), ma la massimizzazione del valore per gli azionisti nel breve termine, cioè nulla a che vedere con strategie industriali e tutto da spartire con logiche puramente finanziarie. Tutto ciò da almeno 30 anni. È la riscossa del capitale delle cedole, ché a sporcarsi le tute con la produzione è meglio lasciare quei barboni dei cinesi e degli indiani.
E allora perché meravigliarsi se Schlein e il John Wayne del selfie, il torinese Lo Russo, fanno gli opossum sul futuro dell’automotive in Italia? il nuovo ordine del capitalismo lo hanno voluto e magnificato quelli come loro, mica la carciofara che è rimasta fondamentalmente una miracolata di borgata in grado di sbagliare somme e sottrazioni anche aiutandosi con la calcolatrice del telefonino.
Sarebbe invece da meravigliarsi se Schlein, Lo Russo e tutto il cucuzzaro di arrivati dei quartieri belli avessero suggerito una “rivolta sociale” in stile francese, per non parlare di quella evocata recentemente dal redivivo Landini e che non dà fastidio ai padroni, poiché l’imprenditoria finanziaria ormai gioca un campionato a sé scommettendo in egual misura su crescita e fallimento.
Come scriveva l’altro ieri Alessandro Robecchi, «c’è qualcosa di squisitamente e perversamente medievale nelle nostre belle democrazie, anche se pare che la parola “democrazia” non sia più di moda, sostituita dalla formula “democrazia liberale”, che sembra più accettabile all’establishment, cioè a chi comanda». Una volta qui era tutta democrazia, signora mia, ora è tutta democrazia liberale. E noi a lasciare che accadesse, perché tanto non ci tange. Vedi a volte come si diffonde il virus della povertà?
Nella “Repubblica fondata sul lavoro”, stracitata da quelli che dalla comfort zone della ZTL sono ossessionati dall’ “Io” (patologia tipica del liberale) e dal fascio all’uscio, accade allora che l’AD di Stellantis si porti a casa 100mln di Euro come ringraziamento per servigi svolti (anche se non bisognerebbe confondere l’esecutore testamentario, Tavares, con i mandanti del crimine, gli Elkann), mentre grazie alle leggi sul lavoro – tutte o quasi scritte dalla sinistra liberale- i lavoratori staranno a casa ad ingrossare l’esercito dei malmostosi. Poi uno si chiede perché gli operai di Mirafiori, Pomigliano o Melfi, a cui il Natale porterà altra Cigs, fanno un po’ fatica a seguire le agiografie supercazzolare di Schlein sul valore intrinseco della resilienza nei lavoratori,
E poi c’è lui, Carletto “Marx” Calenda, un uomo più a sinistra di Schlein e di tutto il PD. Dopo aver blastato magnificamente il Girasagre circa la totale ignoranza di quest’ultimo sulle nomine di Trump, il nostro eroe delle ferriere si è ripetuto con Elly rimproverandole una certa contiguità con le veline padronali targate Gedi invece di stare con chi lotta per arrivare a fine mese.
In un video postato sui social, il Renzi dei Parioli è andato all’attacco di Schlein perché, a distanza di quattro giorni dal licenziamento di Carlos Tavares, la segretaria del maggior partito d’opposizione non aveva ancora proferito una parola su Stellantis. L’industria dell’auto è al collasso, ma lei tace, come se la cosa non la riguardasse.
Sia ben chiaro, il nostro Marx in minore non è certo pronto a scendere in piazza per fare le barricate con il mobilio del suo attico (come non lo era quel gran scroccone dell’originale), ma gli si deve dare atto dell’impegno in prima persona nella questione Stellantis. È stato lui infatti qualche tempo addietro a propiziare l’invito a Tavares a comparire alla Camera, non la Schlein o altri. Dopo quell’incontro, in cui l’AD non si è neanche sforzato di usare l’italiano e che ha mandato su tutte le furie l’arco costituzionale da Fratoianni a La Russa, Calenda ha cercato di ottenere un confronto anche con John Elkann. Ha dunque raccolto le firme tra i partiti del Parlamento, i cui leader hanno aderito tutti tranne – indovinate un po’ – Elly Schlein.
Perché il PD tace sulla principale fabbrica privata italiana? Tutti noi che seguiamo un minimo le vicende di quelli che contano (i soldi) sappiamo che la cassaforte degli Elkann, acquisendo Stampubblica e i suoi pennivendoli, ha acquisito i quotidiani più direttamente influenti sul Pd. Ma la complicità della segretaria dem va oltre tutto questo. Nei giorni scorsi tutti hanno parlato del licenziamento di Tavares. Persino il Corriere di un noto presiNiente ha messo in evidenza la gestione rapace dell’ex amministratore delegato Stellantis mostrando come negli ultimi 4 anni abbia distribuito agli azionisti ben 23 miliardi di Euro mentre tagliava a tutto spiano posti di lavoro e nuovi modelli. Pertanto «tacere su Stellantis oggi non significa solo essere complici delle politiche di rapina degli Elkann, significa sposarne integralmente la sostanza» (cit. Paolo Desogus).
L’unica speranza di questo Paese è che il PD imploda e lasci spazio a un nuovo soggetto di sinistra massimamente alternativo al sistema iniquo in cui l’ipocrita liberale sguazza come un paperotto.
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