Il neorealismo fu un movimento culturale che si sviluppò in Italia tra la fine della Seconda Guerra Mondiale e i primi anni ’50. Ebbe nel cinema e, in misura minore, nella letteratura la sua maggiore espressione.
I film neorealisti sono generalmente girati con attori non professionisti, gente presa dalla strada. Le scene sono girate quasi esclusivamente in esterno, per lo più in periferia e in campagna. I soggetti descrivono la vita di lavoratori e poveracci.
Nella riproposizione del filone da parte dei due novelli sceneggiatori contemporanei si vede chiaramente il riferimento ad un Paese drammaticamente reale. È quello degli evasori, che sfruttano servizi pubblici per i quali non pagano, a cui viene garantito un condono al mese. Poi ci sono i no vax, che nell’aver messo a rischio la salute di tutti, vengono premiati con l’annullamento delle sanzioni. Infine ci sono i ricchi, le banche e il padronato: non sia mai che a questi tocchi di impoverirsi solo un pochino per migliorare la vita di tutti.
Il messaggio del cinema “neo” neorealista è chiaro: se sei onesto, te la prendi nel fracco. Ecco in estrema sintesi la sceneggiatura firmata dalla coppia Salvattini-Germoni: chi è furbo va avanti. Gli altri pagano il conto.
È proprio vero che una cosa azzeccata, in quella becerata del libro di un altro esponente della nuova corrente culturale italica, il generalissimo Massimo Fascio Vannaccio, c’è ed è il titolo: “Il mondo al contrario”.
W Sciuscià! W Ladri di biciclette!
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