“If you try walkin’ in my shoes”
Prima che voi comunistelli con le Birkenstock vi accaniate contro Alessandro Giuli, nuovo ambasciatore della Cultura nel mondo, vi dico solo due parole: Veltroni e Franceschini.
È inutile che gridiate sempre al fascio all’uscio, perché pure voi non siete altro che uno stereotipo ma dalla parte opposta. Un ministro senza laurea e con il solito pedigree di estrema destra è la linfa vitale di questo governo essendone l’espressione massimamente coerente. Fatevene una ragione!
Lo so bene che sembra di assistere ogni giorno ad una telenovela turca o, in alternativa, al peggior reality targato Mediaset, ma non dobbiamo dimenticare il livello dell’audience che applaude qualunque sia la bugia o la topica. E neppure quello della finta opposizione.
C’è vita là fuori?
Bene, ora che ci siamo chiariti sul contesto, immaginiamo di vivere in un paese altro dal nostro in cui un governo di incapaci periziati venga soppiantato, dopo un paio d’anni di melina sovranista, da un gruppo che è l’espressione di un patto trasversale che coalizza le istanze sociali ed economiche del ceto medio, di quel che resta del proletariato delle fabbriche, del precariato giovanile e di quello senza età della Sanità, dell’Istruzione, del Commercio e del Turismo.
Invece quel che ci è toccato è un gruppo autoreferenziale e inclusivo solo per i temi arcobaleno che, grosso modo a partire dai famigerati anni Ottanta, si è collocato nella parte medio-alta dello spettro sociale, sia per titolo di studio che per reddito, diventandone il cane da guardia. Sono questi, semplificando un po’, i figli e i nipoti degli operai, dei piccoli commercianti e dei travet che avevano conosciuto le privazioni della guerra e il vero volto del fascismo e che, ipso facto e grazie alla scolarizzazione diffusa nel secondo dopoguerra, sono cresciuti con i tratti di un’ideologia dai contenuti sociali ed economici forti e chiari, in altre parole anticonservatori.
Poi la lettura de L’Unità ha lasciato il posto a Capital e il gruppo di “emergenti” ha dismesso l’eskimo e le Clarks per andare a ricoprire posizioni professionali di una certa rilevanza ritrovandosi a fare cohousing nei quartieri belli con l’alta borghesia e i residui della nobiltà. L’ibrido scaturito dall’incrocio tra nuovi e vecchi benestanti ha prodotto non solo un ceto sociale nuovo, ma parimenti uno politico. Questa creatura sa fare molto bene l’opposizione di maniera su singoli punti, perlopiù inerenti a temi civili e di uguaglianza formale, ma non ha la più pallida idea e neppure l’interesse ad opporre una diversa costruzione teorica e pratica al paradigma attuale.
Essere o non essere
Non lo sanno, o non lo vogliono fare, per due ragioni: la prima è che il marxismo-leninismo digerito sul divano di casa mentre ci si ingozza di merendine del Mulino Bianco è un po’ come chi ne discetta: tra il velleitario e l’inconsistente. La seconda ragione è che, stando sempre all’opposizione, ma con un occhio bene attento a non perdere le opportunità offerte dall’esistente, il nuovo soggetto politico non ha avuto nessun contatto con la complessità del governo reale di un paese occidentale, a meno che si voglia considerare come abilità lo stucchevole paternalismo in economia che si è quasi sempre tradotto in provvedimenti “trickle down”.
La classe e l’ideologia tradizionalmente dominante, generalmente apartica e restia ad esporsi troppo in politica quando il gioco si fa duro (vedi l’ “abbandono” di Draghi per fare spazio a Meloni&co.), si sono strette a coorte intorno al fortino dell’estremismo neoliberale reclutando la nuova classe emergente proveniente dalla ZTL allargata. Questi ultimi, capendo poco o nulla di teoria economica applicata al sociale, ma sentendosi pienamente integrati, hanno aderito alla Restaurazione travestendola da progressismo, ovvero la sensibilità ai diritti individuali e alle pari opportunità, concetti ammessi dai padri fondatori del pensiero liberale.
Questa classe che una volta si poteva definire, semplificando ancora un altro po’, di sinistra, ora lo è solo in virtù dell’adesione ad un complesso di valori vaghi che di fatto la pone all’interno dell’ “ideologia” dominante. E manifesta tutti i sintomi di tale contraddizione. Lo fa presentandosi con una supponenza che sconfina nell’intolleranza vera e propria che poco ha di che spartire con lo spirito liberale, ma che porta a sostenere la finanziarizzazione ad oltranza, iI ritorno prepotente dello sfruttamento che crea nuovi e sempre più numerosi poveri e la WWIII a incorniciare il tutto. Chi non è propriamente allineato viene definito all’occorrenza come statalista, populista, rossobruno, putiniano, complottista, negazionista, antiprogressista, razzista, antifemminista, omofobo, o un mix di queste “peculiarità”.
Il nuovo che sa di passato
La nuova classe medioalta integrata si pensa come “gente per bene”, quindi gli altri sono “gente per male”. Inoltre, visto e considerato che le fasce più basse della popolazione, quelle a cui l’ascensore sociale è stato chiuso in faccia da chi ce l’ha fatta, hanno finito con l’essere state egemonizzate dalle varie gradazioni di destra, l’autostima è cresciuta di pari passo con l’ossessione dell’Io. È andata peggio al Noi.
Quanto alla confusione categoriale in politica, hanno contribuito in modo determinante i promotori dello slogan “né di destra, né di sinistra”, a cui vanno ascritti per meriti distruttivi Calenda, Renzi e buona parte dei 5*. Di fatto queste aree di destra neoliberale e perlopiù paracula hanno aperto ampi spazi nella ricerca di spazi di legittimità elettorale a cui hanno aderito soggetti che, alla prova dei fatti, hanno dato ampia dimostrazione del fatto che l’iscrizione alla categoria della sinistra gli andava revocata come i Tour ad Armstrong.
Imparare a costruire il dissenso
Forse sarà il caso di distinguere, per provare ad avere un futuro decente, l’appartenenza ad un’area politica dall’organizzazione del dissenso. Che non è necessariamente sposare le boiate di Vannacci, ma neppure le supercazzole di Schlein. Basta vedere come i fan dell’armocromismo non sono stati in grado di leggere dal pergolato degli arrivati fatti politici come Corbyn nel Regno Unito, Melenchon in Francia e, da ultima, Wagenknecht in Germania: tutta gente che ha tracce di sinistra nel Dna e che sarebbe bastato copiare solo un poco. Invece i sedicenti intellettuali “de sinistra” hanno preferito ingaggiare con la finta sinistra neoliberale un corpo a corpo più polemico che critico.
La Quarta Repubblica avanza tra gnegne parolai e macchiette di regime.
🌹🏴☠️