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Un approccio non leghista a Squid Game

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Premessa

Squid Game è una seguitissima serie trasmessa su Netflix, piattaforma privata a pagamento, segnalata come vietata ai minori di anni 14. A seguito del moltiplicarsi di casi di emulazione giovanile dei giochi visti nella serie, la deputata leghista Laura Cavandoli ha presentato il 26 ottobre un’interrogazione parlamentare per verificare i mezzi che il Governo intende adottare per limitare effettivamente la visione di Squid Game ai minori (???).

Discussione

Prima di parlare di censura, sarebbe utile tracciare il contesto mediatico  in cui opera la serie. Netflix ha messo il divieto di visione ai minori di 14 anni e trasmette pertanto legalmente le puntate agli abbonati registrati sulla piattaforma.

Purtroppo la “fama” della serie è arrivata anche ai più piccoli attraverso la ridondanza che investe tutti i canali che veicolano informazioni e senza che la responsabilità riguardi in alcun modo i produttori o la piattaforma. Invece quello che sta passando in secondo piano è la mancata riflessione su come i bambini possano avere accesso alla serie stanti le restrizioni a monte.

La polemica che è scaturita da episodi di violenza immotivata dovrebbe forse puntare prima di tutto a rivedere il comportamento dei genitori ormai sempre meno in grado di assumersi il rischio educativo dei figli e solo in seguito considerare l’eventualità di proporre la censura. Diamine, impariamo a conoscere il “filtro famiglia”! Sarebbe ora di spostare i termini del problema da ciò che guardano i nostri figli a come vi accedono, ma prima ancora a quali sono le nostre responsabilità di tutori primari della loro crescita nel comprendere che le nuove tecnologie li rendono più esposti.

Conclusioni

Proteggere il percorso cognitivo dei nostri figli non significa tenerli fuori dal mondo, anzi.

Censurare un prodotto di finzione cinematografica, che tra le altre cose  è l’allegoria di una denuncia sociale ben precisa, è probabilmente la mossa sbagliata. Non lo è altrettanto il prendere atto che i minori non hanno ancora  a disposizione il pacchetto base di  strumenti di lettura/interpretazione di metatesti, significati allegorici e denunce sociali che dovremmo essere noi genitori a sforzarci di acquisire per poterci permettere di accompagnarli, e perché no controllarli, senza demandare il nostro ruolo addirittura alle più alte Istituzioni. Pare superfluo ricordare che è la Scuola l’ordinamento di riferimento dei nostri figli, mica Mario Draghi!

Cos’è davvero Squid Game?

Non ha pietà Squid Game. Per il modo in cui spegne ogni visione ottimista del mondo. Non ci sono personaggi positivi. C’è la spietatezza dell’inganno, è vero. Ma non è forse anche vero che per la maggior parte del mondo il denaro equivale alla sopravvivenza nel quotidiano, mentre appena si sale di livello esso ci rende davvero brutte persone? Il messaggio della serie suona come una richiesta di automedicazione. Se le scelte che compiamo ci rendono ciò che siamo, forse allora è come operiamo nelle circostanze a fare la differenza.

Alla fine tutti o quasi finiamo con lo sperimentare su di noi cosa siamo disposti a fare per soldi. La risposta è forse più facile per chi è disperato, anche se le dinamiche del capitalismo avanzato, mica una serie distopica, ci fanno capire che la vera domanda è se valga la pena di sopravvivere vedendo morire un amico. O il pianeta.

Sarà che da queste parti avevamo già visto “Parasite”, altro prodotto sud coreano magnifico nel suo essere estremamente realistico presentando i personaggi come scarafaggi in una società sempre più costretta a diventare parassita. Sarà che Squid Game ha allungato alquanto il brodo, ma alla quarta puntata ne avevamo già avuto abbastanza. Il mondo reale, per come lo conosciamo in questo crepuscolo di terzo millennio, è tanto un inferno quanto quello immaginato. E già ci basta il primo.

 

 

 

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Esimio "signor nessuno", anarcoinsurrezionalista del tastierino, Scienze politiche all'Università, ottico optometrista per campare. Se proprio devo riconoscermi in qualcuno, scelgo De André. Ciclista da sempre, mi piacciono le strade in salita. Ci si vede in cima.
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