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Tina, vecchia baldracca!

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Realismo capitalista è il titolo di uno dei più influenti saggi critici degli ultimi vent’anni. Scritto nel 2009 dal filoso inglese Mark Fisher, espone una tesi semplice: il “There Is No Alternative (TINA)” con cui la “Iron Lady” britannica, Margaret Thacher, liquidava le proteste contro il sistema esistente.

Il pamphlet di Fisher non parla della crisi del socialismo europeo. E nemmeno di welfare e disuguaglianze. È invece una riflessione, o forse più un ripensamento, sulle forme comunicative che un’ipotetica nuova sinistra potrebbe assumere, se davvero volesse tornare a inventare il futuro.

Purtroppo oggi è più facile immaginare la fine del mondo che la fine del capitalismo. Il dramma insito in questo paradigma socioeconomico che traballa, ma non tracolla, è che a pensarla così sono le stesse forze politiche (finto)progressiste che hanno avallato, per mera rendita di posizione, le politiche liberiste ispirate al modello Thatcher-Reagan «meno Stato più mercato».

Che cosa succede quando ti accorgi di essere dentro un Matrix in cui rappresenti un meccanismo da valutare esclusivamente in termini produttivi? Proprio come accade nell’allegoria del film delle sorelle Wachowsky, siamo carburante organico che alimenta la macchina del profitto in cambio di input di benessere artificiale.

Ma se il sistema delle macchine di Matrix presenta qualche bug che permette di liberarsi dal condizionamento, peggio va quando si scopre che dal capitalismo non si esce per il semplice fatto che fuori non c’è niente. Detto con altre parole, il capitalismo occupa tutto l’orizzonte del pensabile. E oltre l’orizzonte del pensabile non c’è nulla.

Oggi siamo tutti dipendenti dalle tecnologie digitali e dai social media mentre le problematiche sociali si mischiano, la banalità del quotidiano diventa incubo e le élite politiche non hanno alcuna risposta, se non quella della loro ostinazione gerontocratica.

La fisionomia del super ricco contemporaneo Elon Musk, adulato da destra e da sinistra, ci parla di  una ricchezza che è in larghissima misura di natura finanziaria in quanto dipende dal valore delle azioni possedute e dalla formidabile velocità di crescita di tale valore.

La visione imprenditoriale di Musk è l’espressione più recente del “realismo capitalista” e si declina attraverso la convinzione in base alla quale oltre al profitto non c’è nulla e che, res sic stantibus, questo pianeta è condannato. Pertanto meglio trovarsene un altro al più presto.

Musk alimenta il suo “grande gioco” buttandola costantemente in politica.  Per la realizzazione della sua “vision” sono necessari i capi popolo come Meloni o come Weidel in Germania, donne che sparigliano il racconto al maschile collocandosi in una dimensione in cui l’apparente narrazione antisistema diventa il collante per rovesciare qualsiasi traccia di opposizione liberale ritenuta, paradossalmente, una forma di intellettualismo elitario. Musk è riuscito a far credere che sta con il popolo contro le élite. Una favola. Fisher è morto suicida senza aver dato seguito alle intuizioni del suo lavoro.

Quella baldracca sboldra della TINA ha vinto ancora.

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Esimio "signor nessuno", anarcoinsurrezionalista del tastierino, Scienze politiche all'Università, ottico optometrista per campare. Se proprio devo riconoscermi in qualcuno, scelgo De André. Ciclista da sempre, mi piacciono le strade in salita. Ci si vede in cima.
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