Diciamolo subito, quest’intervista nasce da un’ amicizia “storica” che lega Carlo Greppi al giornalista/documentarista Alessandro Rocca . Di recente nella “coppia” si è imbucato il sottoscritto, lettore compulsivo di storia ed economia. Capita anche che qualche tempo fa l’insopprimibile pulsione a leggere abbia fatto sì che si sia avuta tra le mani una copia dell’ultimo libro di Bruno Vespa, “Perché l’Italia amò Mussolini”, averla letta ed essersi posti delle domande. Poi un giorno capita di leggere su jacobinitalia.it l’articolo di Carlo “Il fascismo immaginario di Bruno Vespa” e allora rivolgiamo proprio a Carlo la prima e la più ovvia di quelle domande: se Mussolini aveva tutto questo consenso, perché il fascismo non faceva votare le persone? E poi, ad esempio, perché fu ucciso Matteotti? E le “leggi fascistissime”? Se andava tutto così bene…
Napoleone nelle “Memorie” parla della Storia come di quel «gioco su cui tutti si sono messi d’accordo». Allora perché in Italia, ad oltre settant’anni dalla caduta del regime fascista, non siamo ancora tutti d’accordo sulla iattura che il fascismo è stato per il Paese? C’è un parallelo in questo presente di pandemia e di paura tra il revisionismo storico, il bullismo politico di certi personaggi, nostrani e non, e fenomeni quali il negazionismo , il complottismo e il “si stava meglio quando si stava peggio”? Veramente si può ridurre la Storia recente a una serie di #noncielodiconoh e #quandoceralui. Stiamo precipitando culturalmente così in basso?
Carlo lo racconta su Ittica.