I social creano dipendenza, è risaputo
Chiunque abbia voglia (e tempo) di googlare, scoprirà che esiste un’impressionante somiglianza tra dipendenze “chimiche”, dovute al consumo di droghe e alcool, e dipendenze comportamentali, quali ad esempio il gioco d’azzardo patologico (ne abbiamo trattato più volte su questo blog in relazione alla revisione della Legge Regionale 9/2016 proposta dalla Lega) o l’abuso di social.
Qual è la soglia del normale coinvolgimento e dove si pone l’asticella del comportamento patologico?
Psichiatri, psicoterapeuti e psicologi hanno individuato diversi stadi dell’involuzione da social. Nonostante esistano studi clinicamente validati che portano all’ acquisizione di un certo grado di consapevolezza, pare che questa da sola non sia sufficiente a modificare i comportamenti nocivi.
Come non si riesce a smettere di fumare neanche dopo un paio di infarti, proprio perché si è generata dipendenza, così l’ansia da tastierino agisce sulla stragrande maggioranza delle persone, non importa se col QI di un’ameba o con tre lauree.
Però dai, non possiamo essere sempre noi gli unici colpevoli!
Modificare il comportamento delle persone per indurre ad utilizzare maggiormente le piattaforme digitali è oggetto di studio di vari centri di ricerca sparsi per il mondo. In campo letterario George Orwell, Aldous Huxley, Philip K. Dick e Isaac Asimov hanno più volte affrontato il tema del controllo sociale attraverso la manipolazione della mente che passa, guarda caso, dalle parti della distorsione dei processi di informazione.
Diffusione non è garanzia di evoluzione
La diffusione del web, così come è stato a suo tempo per le pitture rupestri, i rapsodi, i giornali e infine la televisione, ha risposto alla necessità dell’ Homo sapiens di sviluppare nuovi modi di pensare e di comunicare.
Leggendo qua e là, pare di capire che non si sappia ancora con certezza cosa abbia dato luogo alla “rivoluzione cognitiva”. Secondo le teorie che vedono nell’uomo un animale sociale, la nostra capacità di linguaggio così unica si sarebbe evoluta per condividere informazioni riguardanti il mondo circostante e in particolare riguardanti gli altri esseri umani: praticamente il gossip.
Informazioni come “non mangiare la bacca rossa” o “Olaf è un traditore e gli puzza pure il fiato” garantivano in passato la fiducia necessaria per far progredire la propria tribù e alzare il livello della cooperazione spesso però a svantaggio di qualcun altro.
Tuttavia, se pensiamo ai sofisticati tipi di cooperazione sviluppati dall’ Homo technologicus, soprattutto da quando ha lasciato il duro lavoro nei campi per cercare fortuna in città, ci accorgiamo che qualcosa non torna: la maggior parte della comunicazione umana, seppur mediata dagli strumenti digitali, gira ancora attorno alla fiatella di Olaf.
Non è un caso che la bacheca di Facebook sia oggetto di costante “refresh” grazie ad un semplice movimento del nostro dito. E’ lo stesso sistema di ricompensa alla base delle slot machine: ogni volta che si prende in mano il telefono è come se si abbassasse la leva che promette un premio. E come si alimenta il “gioco”? Ma abbassando ancora la leva! Nel caso dei social il livello.
Parlare di tutto, parlare di niente
Va da sé che i creatori dei social, facendo percepire che chiunque, argomentando sulla qualunque, possa accrescere la propria rete sociale e soddisfare l’ansia di visibilità tipica del nostro presente, non si prendano neanche la briga di dissimulare lo shitstorm a nastro, essendo unicamente interessati a richiamare sciami di inserzionisti che diventano clienti, mentre noi utilizzatori siamo il prodotto in vendita.
A questo punto chi è veramente esperto di comunicazione saprebbe come andare avanti a scoprire nessi e spiegazioni di livello. Noi invece, da dilettanti delle cose, abbiamo già sparato tutte le cartucce e ci siamo giocati pure la pausa pranzo.
E’ per una naturale forma di ritrosia unita alle impellenze di una giornata lavorativa che, a ben guardare, non ci dispiace affatto avere poco tempo di frequentare la giostra dei social per far girare algoritmi che ingrassano imperi quotati in borsa.
Preferiamo cercare di fare rete altrove. Per esempio qua.