Il governo a trazione nostalgicosovranista sta smantellando le partecipazioni pubbliche con una solerzia pari solo a quella adoperata per votare la WWIII di “Joker” Biden e “Harley Quinn” von der Leyen.
Prima che orde di bolscevichi issino la bandiera russa sulle macerie di Palazzo Chigi, ci toccherà di assistere alla cessione di quote significative di Poste, Eni, Enel, Ferrovie, nonché delle numerose società satellite. Nel frattempo, quasi tutta la grande impresa italiana è finita in mani straniere, mentre le infrastutture sono dominate dai fondi finanziari.
La Borsa di Milano ha ormai una percentuale di azionisti italiani rispetto al totale pari a quella della Lega in Sardegna. Attraverso i canali del risparmio gestito poi, i colossi esteri (BlackRock, Vanguard, State Street, Fidelity, Amundi, ecc.) occupano spazi di assoluto rilievo nel portafoglio degli italiani e il sistema bancario stesso ha una presenza decisiva di soggetti non certo nazionali (vedi Unicredit).
In sintesi, la politica nazionalista e autarchica si è commutata nella scelta di trasferire fuori dall’Italia i centri nevralgici che decidono le sorti del Paese. Orban è finito in naftalina, così come ha fatto a suo tempo la sinistra con le dismissioni eccellenti rinnegando sé stessa per trenta denari, e la destra è divenuta la cameriera ubbidiente del neoimperialismo finanziario.
Del populismo restano le ospitate delle stravaganze concettuali di Musk ad Atreju.
🌹🏴☠️