Questa cosa di Elkann padre vi sta sfuggendo di mano. Uno sul giornale del figlio sarà pur libero di scrivere le cazzate che vuole o no?
Avendo poca confidenza con orari e coincidenze degli spostapovery, il malcapitato pensava forse di andare a mangiare nel ristorante rurale aperto dalla Cirinnà e si è ritrovato, per sua inesperienza con pratiche di vita quotidiana, in balia di giovani baluba che non avevano letto Proust e parlavano di figa ad alta voce. Guarda tu che cosa succede a fidarsi dell’amico Montezemolo!
È normale che questa élite, vagamente risentita per l’accaduto, senta l’imperativo morale di mettere in prosa il proprio sdegno di classe sulle pagine della cultura (!) del quotidiano di famiglia.
La questione è però un’altra: è possibile che a Repubblica si voglia così male al padre del padrone da non fargli umilmente notare che ha scritto un sacco di stronzate? L’unica risposta è che, come scrive oggi Travaglio nel suo editoriale, “la direzione sia uguale a lui e non si sia posta proprio il problema”.
Stai a vedere che ora tocca a un buzzurro come me correggere, almeno in parte, Travaglio: in realtà la redazione di Repubblica, parlando di “nuovo piano editoriale dove si parla di un giornale “identitario” vicino ai diritti dei più deboli, e forti anche delle reazioni raccolte e ricevute dalle colleghe e dai colleghi”, ha provato a dissociarsi “dai contenuti classisti contenuti nello scritto”.
A Molinari (la direzione) invece il “pezzo” del padre del padrone è piaciuto così. Noblesse oblige.