Milei ha vinto. E come ogni volta che un clown ultraliberista prende il potere, parte la standing ovation dei furbetti del mercatino: “Che rivoluzione!”, “Che ventata d’aria fresca!”, “Finalmente uno che taglia lo Stato!”.
Già, peccato che dietro la presunta rivoluzione argentina ci siano 20 miliardi di dollari made in Trump, la benedizione del FMI e l’odore stantio di sempre: quello dei soldi che comprano il caos, rivenduto poi come libertà.
E in Italia? Apriti cielo: Luigi Marattin, segretario del neonato Partito Liberaldemocratico va in estasi, come se Friedman gli fosse risorto davanti apposta per mettergli il like al post di questa mattina su Facebook.
Nel frattempo, i riformisti del PD Gori e Ruffini, i due santini del fintoprogressismo da apericena, si accodano al mantra della modernità per pochi: privatizza, precarizza, sorridi.
E mentre questi pontificano di cose che fanno vivere male gli altri, sullo sfondo risuonano altre voci fuori tempo. Ad esempio, quella di Pina Picierno, la pasionaria che scambia il bellicismo per femminismo militante; o quella di Piero Fassino che, perso nei ricordi di quando contava qualcosa, si aggira per i talk show come un reduce del partito che fu, invocando più armi e più Europa senza capire il significato di entrambe.
Li trovi tutti lì, nel coro della chiesa della libera iniziativa e del merito, sempre intenti a recitare la litania dell’Occidente virtuoso, mentre il mondo brucia e gli stipendi diventano una concessione padronale.
Allora ecco la verità svelare il grugno da strega dietro il velo da sposa: il neoliberismo non muore mai, si reincarna. Oggi con le ridicole basette di Milei, ieri con i tailleur di Thatcher, domani con la faccia seriosa dell’ennesimo riformista in giacca e cravatta che ti dice che il problema sei tu, non il sistema.
E allora sì, la motosega di Milei servirebbe eccome! Non per tagliare lo Stato, ma per iniziare a potare la giungla di questi liberali da quattro soldi, quelli che predicano la libertà di fare impresa mentre fanno l’inchino ai mercati finanziari. Un colpo deciso e via un po’ di questi rami secchi che scambiano il loro onanismo ideologico per un tributo dovuto al merito dell’individuo.
Merito di cosa poi?
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