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In carrozzone, si parte!

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Si parte!

La peggior classe politica dal dopoguerra ad oggi è pronta a dare il meglio di sé: oggi pomeriggio iniziano le “Presidenziadi”.

Ovvero, visto dalla parte di chi non elegge una cippa, come far girare a mille l’algoritmo del social cazzaro smettendo per un attimo i panni da virologo per esibire quelli da quirinalista.

Salvatori della Patria ne abbiamo?

Al netto di imprevisti, il nome più forte continua ad essere quello di Mario Draghi. A seguire Pier Ferdinando Casini e Giuliano Amato. Ci sarebbe anche una pattuglia di outsider, tra i quali spiccano in queste ore la diplomatica Elisabetta Belloni e il fondatore di Sant’Egidio Andrea Riccardi, ma allo stato attuale sembrano solo nomi buoni a fare da riempitivo.

Image credit “Oggi”

Ma torniamo a Draghi. Di lui il medioman italico sa, oltre al fatto che compra le crocche dei cani al supermercato con la consorte, che è uomo preparatissimo: diamine, ha studiato con Caffé!

Image credit Wikipedia

Suggerimento: googlate qualche informazione su Caffé l’economista di scuola keynesiana – eh no, non la bevanda – e poi, se gliela fate, provate a imbastire un parallelo con SuperMario, sempre che i giornaloni padronali non vi abbiano già obnubilato la mente con certe loro biografie in stile Marvel Super Heroes.

Cos’altro sappiamo di Mario Draghi? Beh, di sicuro che ha una profonda conoscenza dei meccanismi economici internazionali, essendone l’espressione. Sappiamo che è di poche parole e che vede la dialettica parlamentare con orrore. Da qui a pensare che non creda negli italiani non si fa certo peccato. I vari DPCM sanitari (il “rischio ragionato”) danno la misura di quanto li disprezzi, se messi a confronto con il dio PIL.

Democrazia e post democrazia

Draghi ha della politica una concezione postdemocratica: con lui l’Italia si candida “a sperimentare la completa colonizzazione delle istituzioni da parte dei mercati e del doppio vincolo esterno, quello europeo e quello americano” (cit. Paolo Desogus).

La sua elezione, salvo imprevisti come nel Monopoli, coinciderà con il passaggio ad un presidenzialismo di fatto (l’unica vera transizione in atto nel paese), ancora più pernicioso proprio perché informale.

Su una cosa possiamo contare in questi giorni di votazioni: Draghi userà tutte le sue risorse per portare avanti il programma neoliberale, già abbozzato con Monti, e lo farà attraverso tutti gli attori che si succederanno al governo, non importa che siano di destra o di sinistra, cattolici o populisti. Giorgetti allo Sviluppo Economico non vi dice proprio nulla?

Rappresentare l’unità del paese non è mai stata la priorità di Draghi. La sua figura autorevole, imbellettata ulteriormente dai media sdraiati a tesserne le lodi, esprime la sottomissione del paese al mercato, il deus ex machina dissimulato che sottrae al Parlamento la facoltà di mediazione  istituzionalizzando il programma di aziendalizzazione della sanità, della scuola, dei servizi e di tutto ciò che resta dello stato italiano.

Siamo tutti sciatori, sport invernali e quirinalisti

Per quel che ne ho capito io da nichilista appassionato “sine titulo” di politica, la leva di Draghi sarà il ricatto politico verso i partiti ormai ridotti a parodie di apparati, mere comparse in cerca di uno strapuntino per perpetuare caste e gruppi di potere arroccati a difesa dell’esistente. In questo scenario di eterno “presentismo”, lo scellerato taglio dei parlamentari non sta certo aiutando.

Il percorso che sta conducendo Draghi al Quirinale non deve sorprendere. La sua è un’ombra lunga che aleggia sull’Italia da una ventina d’anni. La voce “privatizzazioni” da prima ancora, come è risaputo, udite udite, dalle parti di quell’architrave neoliberale che è il pd e sue derivazioni saudite.

Draghi, in buona sostanza, è quello che capita quando il meccanismo democratico si rompe, i partiti non coltivano al loro interno alcun progetto o alternativa e la rappresentanza va a farsi fottere.

La politica non ha più uno straccio di idea su come frenare il declino di un paese che ha dismesso da tempo un modello cooperativo a tutto vantaggio di quello competitivo perpetuato con l’inganno bipartisan del “siamo meglio di come siamo sembrati l’ultima volta, votateci!”

Draghi rappresenta non solo la nemesi per le cariatidi e gli scappati di casa che popolano il Parlamento, ma anche l’alibi perfetto. Formalmente i partiti avrebbero ancora il potere di opporsi, ma dubito fortemente che lo faranno. In fondo a loro va bene anche così.

La tecnocrazia post democratica è il futuro di questo paese. Come ebbe a dire tempo fa Joseph Stiglitz, “non sempre le politiche neoliberali sono le ricette migliori”. Tuttavia se avete la casa di proprietà, uno stipendio sicuro e la carta di credito, può pure darsi che vi vada meglio che ad altri.

Questo, a ben guardare, non è l’inizio di una crisi istituzionale, ma il suo compimento.

 

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Esimio "signor nessuno", anarcoinsurrezionalista del tastierino, Scienze politiche all'Università, ottico optometrista per campare. Se proprio devo riconoscermi in qualcuno, scelgo De André. Ciclista da sempre, mi piacciono le strade in salita. Ci si vede in cima.
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