Qualche decennio fa “Tangentopoli” diede ai partiti un’ occasione per riformarsi dall’interno: non è successo niente del genere. A ben vedere, l’esito di quello che avrebbe dovuto essere un processo moralizzatore della politica, ha avuto come esito la discesa in campo di Berlusconi. A proposito di paradossi.
Adesso ci ritroviamo con un panorama politico in cui tutti sembrano ubriachi di birra scrausa del Lidl alla guida di una macchinina degli autoscontri. Non finirà bene.
Il Terzo polo, i cosiddetti riformisti, ha costruito il suo castelluccio di carte, lucrando sulla decontestualizzazione delle parole di Grillo per onorare, forse, certi impegni sottobanco presi con Meloni. La minoranza del PD, i cosiddetti (finto)progressisti, ha ripetuto le stesse identiche parole della destra per indebolire ulteriormente la già traballante posizione di Schlein.
Quello che è accaduto è il solito “miracolo italiano”: il riconoscersi uguali di ipocriti e ruffiani che militano in partiti diversi. Se questi sono gli argomenti, Ginevra Meloni ha il premierato in tasca.