Una frase attribuita a Pablo Neruda recita più o meno così: “Le guerre sono fatte da persone che si uccidono senza conoscersi, per gli interessi di persone che si conoscono ma non si uccidono”.
Le guerre, dice bene Neruda, riguardano solo i popoli. I potenti assai di rado muoiono, anzi. Alla fine si siedono attorno ad un tavolo per spartirsi ciò che resta dopo le sofferenze patite da altri.
Gli esempi di quella che viene spacciata per umana follia dai comportamentisti, si riducono assai più banalmente a capricci di potere delle élite sin dai tempi della celeberrima battaglia di Qadesh.
È con il ragionevole dubbio su ciò che sembra e ciò che è che dovremmo leggere il presente, incominciando a domandarci se il nostro concetto di “bene superiore” coincida in qualche modo con quello di chi ci propina narrazioni in cui è eroico immolarsi per la gloria della Nazione (ein Volk, ein Reich).
Non va bene.
La guerra non è “igiene del mondo”. A meno che per igiene si intenda la redistribuzione periodica delle carte dello stesso mazzo truccato. In pratica succede che a un buon numero di poracci e rosiconi venga fatto credere di dover dare la vita, spesso l’unico bene che possiedono, in cambio di chissà quali ricompense da morti.
Mi è capitato di leggere, in questi giorni desolanti di miseria umana, una riflessione che tenta di andare oltre il tifo da stadio. Non conosco l’autore, Pierluigi Fagan, ma non me ne importa una cippa. A me piacciono i contenuti, mica i Severgnini, i Rampini e i Gramellini! Poiché non mi sembra che i partigiani che ho appena citato abbiano un approccio diverso dal “W Israele”, così come la legione dei rossobruni invoca la terza (o quarta) intifada, mi sembra di non mancare di rispetto alla pace nel proporre su ittica.org un ragionamento che va oltre il derby. Eccolo:
“A marzo, nelle nostre opinioni pubbliche esposte solo ad alcune notizie, in genere urlate e ignare del tutto di altre notizie che pure meritano attenzione, arriva l’incredibile notizia della ripresa delle relazioni diplomatiche tra Arabia Saudita ed Iran grazie alla intensa mediazione cinese. La cosa si porta appresso gli Emirati Arabi Uniti, l’Oman storico mediatore interno il mondo musulmano diviso tra sciiti e sunniti, il Qatar che sta in mezzo i due grandi paesi, non dispiace l’Egitto e la Turchia. Incredibilmente, iniziano le procedure per riallacciare i rapporti con la Siria di Assad dopo 12 anni e migliaia di morti in una lunga ed inconcludente guerra da cui è sorta anche la strana ISIS. A maggio, Assad è riammesso nella Lega Araba. Ad agosto, nella tormentata riunione dei BRICS che discutono il proprio allargamento, l’India porta dentro l’Arabia Saudita (che si porta appresso gli Emirati Arabi Uniti), la Cina porta dentro l’Iran, la Russia porta dentro l’Egitto. I tre più importanti paesi musulmani del quadrante mediorientale dal 1° gennaio, sarebbero parte di un’unica organizzazione. A settembre si tengono addirittura colloqui di pace tra sauditi e yemeniti (Huthi) dopo otto anni di una guerra che ha fatto milioni di sfollati. Paesi difformi ed in lunga tensione reciproca, sciiti-sunniti-e cinquanta sfumature di islam (più “politico” o “religioso”), ognuno con cicatrici per guerre fatte o subite, riuniti dal comune interesse per uno sviluppo economico che non solo costa meno del farsi guerra ma che è l’unico modo per stabilizzare le relative società civili, dando speranza nel futuro.
A settembre, al G20 che si tiene in India, si manifesta un dissidio tra l’ospitante India di Modi e gli Stati Uniti di Biden che per altro lo stesso Modi ha visitato a giugno siglando una dozzina di contratti importanti in campo militare, tecnologico, astronautico. L’americano pretende una dichiarazione di condanna della Russia per la guerra in Ucraina (che Modi non firmerà), ma vuole anche che l’India aderisca al progetto di una nuova Via del Cotone che diventerebbe una spina nel fianco alla Via della Seta cinese (che Modi firmerà). Si tratta di un corridoio logistico su cui far viaggiare merci dall’India all’Europa, via Emirati, Arabia Saudita, Giordania, Israele come terminale portuale di Haifa. Il tutto costruito da imprese tedesche, francesi, italiane. La cosa dispiace a molti. All’Iran che verrebbe emarginato e che perderebbe analogo progetto con l’India che avrebbe collegato questa alla Russia, via Caspio. Alla Russia stessa e per varie immaginabili ragioni. Alla Turchia ed al Qatar emarginati dalla partita. All’Egitto che vedrebbe calare il suo traffico a Suez e relativa centralità geopolitica. Al mondo musulmano più in generale poiché formerebbe una alleanza forte di interessi tra alcuni suoi paesi ed Israele e l’Europa in via esclusiva. Alla Cina. Ai palestinesi che non è chiaro se beneficiati da qualche briciola della partita come Autorità dei territori e non come Gaza, ovviamente. Inoltre, pare che i sauditi per firmare l’accordo pretendessero il benestare americano ed israeliano allo sviluppo nel loro nucleare civile che, come è noto, differisce non di molto da un possibile uso bellico. Un autentico stravolgimento degli equilibri d’area.
Il 7 ottobre scoppia la guerra tra Israele e palestinesi di Gaza/Hamas.
Nel giro di appena otto mesi, c’è stata una inedita e speranzosa ricucitura del martoriato quadrante a cui è seguita una decisa scucitura per mettere tutti contro tutti come noi occidentali lì facciamo da sempre. Blinken sta girando lì come una pallina di flipper per provare a gestire l’incendio catastrofico appiccato dal suo presidente a fini geopolitici ed elettorali interni. Adesso sfogatevi pure con l’antisemitismo, i sionisti e gli antisionisti, il popolo eletto, la shoah, l’avamposto della democrazia, lo scontro di civiltà, il jihad, bambini con teste mozzate sì o no, i crimini di guerra internazionali e le corti di giustizia, i pupazzi televisivi che parlano di tutto e non sanno niente o se sanno fanno finta di non sapere, la Terza guerra mondiale a pezzi, le cartine “ma qui c’ero prima io, macché c’ero prima io c’è scritto pure nella Bibbia”, l’ostracismo ad una scrittrice perché è palestinese (ma dopo quella di Dostoevskij perché russo è il minimo), “l’ha detto Paolo Mieli”, Fabrizio Corona e l’ultimo film di Taylor Swift.
Dopo solo nove giorni, il nostro teatrino è in gran fermento mentre si contano già 1400+2750 morti (+1000 dispersi, sotto le macerie?), 3500+10.800 feriti (israeliani + palestinesi West Bank/Gaza), centinaia di migliaia di sfollati, distruzione materiale e ben due portaerei mandate dagli americani in zona, tanto per dare una mano.
L’ignoranza è la madre di tutte le catastrofi.”
Siete arrivati fino alla fine? Bene, adesso tornate su su e rileggete le parole di Neruda? Fatto? Ora riflettete su ragione e torto e se sia il caso di sventolare bandiere di Israele accanto a quelle ucraine o quelle palestinese con quelle di Hamas. Per dire.
Give peace a chance.
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