Alla fine ci ha dovuto pensare Evelina (mi perdoni la confidenza) con un memento che Taylor Swift scansate proprio. Se la retorica del gotha cittadino si sta adeguando al nuovo corso holliwoodiano della città, una delle sue figure più rappresentative non ci sta e ci ricorda che in centvo ci sono anche i povevi. Lo fa con poche righe dal taglio asciutto, come le battute di Linda Hamilton in Terminator.
In fin dei conti, con Stefano Arturo Brachetti Lo Russo tutto preso dai cambi d’abito delle inaugurazioni e con gli assessori in coda per l’all inclusive previsto dalla carica, vale a dire selfone con Sinner più palla autografata di pugno da esporre nella teca in salotto, ci voleva qualcuno che riportasse il copione cittadino allo script originale, quello riportato dall’articolo di quei Wachowsky pizzicamerda di Sistema Torino.
Così, se La Stampa in versione Variety ci racconta che Willie Peyote è stato lasciato da una vecchia fidanzata per un maestro di tennis e che le ricadute sulla città ci sono e sono evidenti, perché il centro si affolla e gli hotel si riempiono, noi all’apodittismo di stampo padronale preferiamo come sempre i numeri, perché i numeri esistono e sono imparziali e drammaticamente impietosi: la Torinwood di Lo Russo è una boiata pazzesca!
È vero che cresce il numero di lavoratori nel mondo del terziario e dei servizi, ma a fronte di una criticità strutturale ineludibile: gli alberghi e ristoranti pieni portano a occupazioni precarie, mal retribuite e a una generale bassa qualità del lavoro che genera sovraistruzione (fenomeno che si verifica quando il titolo di studio posseduto dai lavoratori è superiore a quello richiesto per svolgere una data professione).
La quota più elevata di occupati sovraistruiti si riscontra tra le persone con diploma. I settori nei quali è più diffuso il fenomeno sono i servizi alle famiglie, il comparto degli alberghi e della ristorazione; tra le professioni quelle del commercio e, più in generale, quelle non qualificate.
La qualifica non giova neppure a chi è nel mondo del lavoro da trenta e più anni e incappa in ristrutturazioni aziendali con conseguente taglio del personale. Chi ha avuto la fortuna di vedersi riconosciuti per vie legali i suoi diritti fino all’ultimo centesimo, dovrà comunque accontentarsi di una ricollocazione inferiore per non essere di troppo disturbo al margine dell’imprenditore, ma garantendo ovviamente il massimo livello di prestazione.
Insomma, la situazione è quella di una narrazione mainstream da commedia sofisticata, mentre la realtà è più vicina a un film di Ken Loach: i torinesi non hanno lavoro e, di conseguenza, capacità di spesa. I padroni, quando non sono al Regio o a vedere il tennis, frignano di mancati introiti. È rimasta solo Evelina Luxemburg Viendalmare Christillin dalla parte di chi soffre e s’offre.
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