Andrea Berardo: laureato in Economia, una moglie, tre figli, due cani e un gatto. Dopo una breve esperienza al CSI Piemonte, da 27 anni opera nel settore Automotive. “Forgiato” da una lunga militanza nelle brigate granata/bianconere della ciminelliana Ergom, dal 2008 è socio e Direttore Generale della Oxi s.r.l., engineering company che da ormai 25 anni naviga le tumultuose acque dell’indotto automotive torinese, fra moti restauratori sabaudi e terremoti globali, il tutto a tempo del vecchio e sano rock ‘n roll…
Ittica: premesso che ci si conosce da quando si frequentava un liceo “di frontiera”, come vedi da imprenditore il presente e il futuro dell’auto in Piemonte, alla luce dei recenti fallimenti di aziende del territorio come Pininfarina Engineering, Tesco, Vercarmodel e come valuti le ricadute economiche locali della “francesizzazione” di FCA?
Berardo: credo sia impossibile e fuorviante parlare di presente e futuro dell’auto in Piemonte senza tenere conto della globalità dei fenomeni di trasformazione che stanno impattando l’intero comparto.
I default che si sono verificati negli ultimi 2 mesi a livello torinese non sono altro che la rappresentazione locale di quanto sta accadendo a livello mondiale.
L’Automotive è un settore totalmente globalizzato, appannaggio di pochi big global players in grado di consolidare i volumi e di sostenere gli ingenti investimenti in ricerca e sviluppo necessari ad affrontare le appassionanti sfide che la mobilità mondiale ci porrà nei prossimi decenni.
A Torino siamo già ben abituati alle influenze e alle annessioni francesi; sapremo cogliere le opportunità che possono giungere dalla disponibilità di piattaforme comuni con volumi produttivi realmente da “mass production”, per mettere a frutto i nostri vantaggi competitivi quali un costo del lavoro interessante rispetto al nord Europa ed una creatività senza eguali nel Mondo.
Ritengo però che sarà necessario un grosso sforzo organizzativo e strategico per orientare le nostre aziende a focalizzarsi su quelle competenze caratteristiche che possono integrarsi non solo con quelle francesi di PSA ma anche con quelle precipue degli yankee di Detroit o dei mandarini di Dongfeng.
L’asse non è Torino-Parigi: qui si tratta di uno scacchiere mondiale.
I: l’Automotive rappresenta in Italia l’8% circa del PIL e occupa oltre un milione di lavoratori, includendo la produzione di autoveicoli, la componentistica e l’indotto. Tra i Paesi europei il nostro è quello che ha subito con maggiore intensità l’impatto della pandemia. Si stima che per il 2020 la crisi causata dal Covid-19 determinerà una riduzione del fatturato tra il 24 e il 42%. A essere maggiormente colpite saranno le piccole e medie imprese ( fonte https://assets.ey.com/content/dam/ey-sites/ey-com/it_it/generic/generic-content/ey-settore-automotive-e-covid-19.pdf ). A ridosso della prima ondata l’ A.N.F.I.A. (Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica) e l’Unione Industriale di Torino avevano lanciato un grido d’allarme al Governo per chiedere misure urgenti e a lungo termine per il rilancio e il sostegno del settore. Come sta andando?
Berardo: in questo drammatico 2020 tutti gli sforzi si sono concentrati sull’obiettivo di breve e/o brevissimo termine di salvare aziende e occupazione. Misure come il congelamento dei licenziamenti, la cassa integrazione e l’accesso agevolato ai finanziamenti sono strumenti dedicati a fornire l’ossigeno necessario a resistere il più a lungo possibile senza innescare tensioni sociali che si andrebbero a sommare a quelle che derivano dalle limitazioni delle libertà che stiamo vivendo quotidianamente.
Tuttavia la crisi manifatturiera della filiera Automotive, vero pilastro dell’economia italiana, non nasce a Marzo 2020 con la pandemia, ma affonda le sue radici nell’assenza di una strategia politica di investimenti e sviluppo del tessuto imprenditoriale che ormai da decenni è immerso in un vero e proprio “pandemonio ante-litteram”.
I: la tua azienda opera in sinergia con un partner indiano. Che input stai ricevendo, in termini di lavoro e di percezione della pandemia, dal socio asiatico?
Berardo: nel 2009, a 6 mesi dal mio ingresso nel mondo della piccola impresa, mi sono trovato a fronteggiare la mia prima vera crisi dell’indotto Torinese, crisi ha messo in evidenza l’esigenza di diversificare il nostro mercato attraverso un processo di globalizzazione dell’impresa.
Il nostro partner, Caresoft Global, ci offre una visione chiarissima di come la pandemia ha colpito ogni mercato, ogni geografia, ogni settore industriale sostanzialmente allo stesso modo.
E’ proprio in questa drammatica situazione che diventa fondamentale orientare gli investimenti dell’impresa verso servizi o prodotti in grado di offrire ai Clienti un reale vantaggio in termini di “value optimization”. L’ottimizzazione del valore, l’eliminazione degli sprechi, la massimizzazione delle performances di prodotto sono le vere sfide per garantire la competitività su un mercato che sarà sempre più attento a valutare il livello qualitativo dei prodotti.
Far parte di un gruppo multinazionale ci permette di analizzare i megatrend e orientare gli investimenti locali verso quelle richieste di mercato ancora latenti che domani si potrebbero trasformare in domanda effettiva. La velocità decisionale ed esecutiva in questi casi è tutto.
I: come si è attivata la tua azienda per tutelare i dipendenti e quali pensi saranno le ricadute sul settore quando finirà la cassa integrazione e il blocco dei licenziamenti?
Berardo: in questi ultimi 9 mesi tutti gli sforzi si sono concentrati nel preservare la capacità aziendale di corrispondere i salari il più a lungo possibile, riducendo drasticamente i costi di esercizio, salvaguardando la liquidità dell’Azienda e la capacità di investire in progetti a breve/medio termine.
Purtroppo, come accade con il COVID-19, se la crisi si innesta su una situazione aziendale già compromessa o di debolezza strutturale, queste misure non sono sufficienti a garantire la continuità delle piccole imprese causando default come quelli verificatisi negli ultimi mesi a Torino, che, a fronte del perdurare dell’attuale situazione, non rappresenteranno (sic) casi isolati.
Oggi siamo tutti più deboli rispetto a Marzo 2020 e ogni ondata rischia di mietere più vittime.
I: intravedi segnali di ripresa fuori Italia o siamo ad oggi tutti prigionieri di un limbo, in attesa di altre ondate su scala mondiale?
Berardo: la pandemia ha il pregio di essersi dimostrata estremamente democratica. Come per i nostri organismi, anche per le Aziende la velocità di recupero dalla crisi consegue al buon stato di salute pregresso.
I segnali positivi che si intravedono dipendono in larga parte dall’incredibile capacità di adattamento dimostrata che ci permetterà di affrontare le prossime ondate senza dover ricorrere a lockdown produttivi come quello del secondo semestre 2020. La strada della convivenza con il virus è l’unica via percorribile per poter pensare ad uno sviluppo economico ed industriale che tenga presente le nuove istanze di un mercato che evolverà ancora una volta per cause totalmente esogene al sistema.
Ancora una volta, ciò che non ti aspetti è ciò che ti cambia…
I: si parla molto di elettrico e di idrogeno come futuro “green” dell’auto. Pensi che il futuro prenderà questa strada, alla luce delle allocazioni obbligatorie del Recovery Fund, oppure ritieni che la transizione verso altre forme di energia , come sostiene il Ceo di Toyota, sia un <<business immaturo con costi energetici e sociali insostenibili>>?
Berardo: Toyoda San, da profondo conoscitore delle energie alternative che da sempre muovono l’orizzonte tecnologico dello sviluppo Toyota, ha semplicemente messo in evidenza i limiti strutturali ed infrastrutturali di un sistema che, negli ultimi 120 anni, si è sempre basato su un’unica soluzione tecnologica.
Basta guidare una EV di quelle ad oggi già disponibili sul mercato, per capire che i costi di acquisto, di gestione e (specialmente in Italia) di ricarica rendono questi prodotti degli eccellenti giocattoli tecnologici riservati a chi può permettersi di esibire aristocraticamente la propria “greenitudine” dimenticandosi che a Torino, l’operaio è verde (nel senso di tirchio), perché non ha soldi da buttare…
EV e fuel cells rappresentano la via obbligatoria per la necessaria “diversificazione” dei sistemi di mobilità che finalmente si svilupperanno in funzione di un profilo di missione che non potrà essere lo stesso per tutti i prodotti e per tutti gli utenti, e che non potrà più basarsi unicamente sugli idrocarburi.
I: e invece per la musica? Sei “on stage” da anni con la tua band, i Rock ‘n’ Shot Over: pensi che le persone avranno voglia di tornare a socializzare o credi che la pandemia abbia generato un vuoto irrecuperabile nell’entertainment live?
Berardo: fortunatamente la musica è da sempre la mia “medicina”, la mia valvola di sfogo, il modo per liberare l’energia creativa senza filtri, se non quelli dei distorsori e degli equalizzatori di banda.
In questo periodo di estrema “digitalizzazione” derivante dall’utilizzo esclusivo dell’home recording, appare evidente che, tanto la creatività, quanto la socialità legata quegli eventi aggreganti che sono i concerti, hanno bisogno di sudore e di “live” … il vuoto verrà certamente colmato nuovamente dalla voglia di bere una birra con gli amici sentendo lo spostamento d’aria dei subwoofer !
La vera domanda qui è : saremo in grado di preservare il livello qualitativo eccezionale che l’underground torinese ha sempre confermato negli ultimi 40 anni o l’assenza di efficaci ammortizzatori di settore causerà l’estinzione dell’attuale classe artistica, costringendoci ad un salto nel paleozoico musicale ? A sentire l’ultimo lavoro degli ACDC, propendo per la seconda, triste, ipotesi…
I: il settore dello spettacolo è parte di quel mondo della cultura che nel nostro Paese genera circa 59 miliardi di Euro, pari al 4% del PIL. La situazione è molto grave ed è più che evidente che, perdurando l’emergenza, sia fortemente a rischio un comparto che impiega oltre 327 mila persone. Quali argomenti ti sei trovato ad affrontare, interfacciandoti con chi ha scelto di fare della musica una professione?
Berardo: io posso solo parlare di questo settore con molto rispetto, dalla mia posizione di giullare della domenica, non certo di professionista. Questa crisi, così trasversale e totale, ha messo in evidenza la sostanziale inadeguatezza di un settore da sempre sottovalutato e, spesso, scarsamente normato. Gli ammortizzatori di settore sono evidentemente insufficienti di fronte ad un’emergenza che non può essere gestita con mezzi “tradizionali”.
Allora dobbiamo pensare ad un approccio manageriale di un comparto economico fondamentale come quello dello spettacolo, in grado di preservare i propri lavoratori esattamente come stiamo cercando di fare nelle singole aziende dei comparti industriali o dei servizi . Credo che in questo caso sia necessaria una profonda ristrutturazione, se non è già troppo tardi… ma purtroppo io sono solo in grado di accompagnare il processo con un vigoroso “powercord” nella speranza che l’energia del rock, ancora una volta, sopravviva!
Images courtesy of Marco Roatta Photographer