https://www.google.com/amp/s/www.micromega.net/francia-in-sciopero-oltre-un-milione-di-manifestanti-in-piazza-contro-la-riforma-delle-pensioni/amp/

Mentre in Italia l’informazione si preoccupa di propinarci la fiaba triste  della bidella pendolare, alternandola alla serie fantasy prodotta da Giorgia&Matteo Cecchi Gori, “Boss fantastici e dove trovarli”, in Francia capita di mobilitarsi alla grandissima per lo sciopero generale del 19 gennaio.

Nella sola Parigi oltre un milione di persone (due secondo i sindacati) è sceso in piazza contro l’innalzamento dell’età pensionabile e la macelleria sociale voluta da Macron.

Dalle nostre parti invece si arrestano mafiosi a fine vita lavorativa e non solo. Se proprio la sceneggiatura butta male, ci è dato di assistere al tira e molla tra governo e benzinai sullo sciopero delle pompe.

Sarebbe tutto molto bello, se non fosse che le dichiarazioni del ministro dello Sviluppo Economico, Adolfo Urso – “Revocate lo sciopero, e’ solo un danno per i cittadini” – sono l’ennesima dimostrazione dello stato confusionale in cui versa il governo Meloni.

Nel frattempo in Francia la mobilitazione non si ferma e il 31 gennaio si replica con un nuovo sciopero.

La differenza tra noi e i francesi è enorme. La coscienza di classe, ormai evaporata dalle nostre parti, oltralpe porta in piazza la “ggente”. Non sono solo gli ultimi a manifestare, ma anche i ceti medi, vale a dire i  nuovi agnelli sacrificali del liberismo global, quello che fa i ricchi sempre più ricchi e impoverisce tutti gli altri.

Pensare che ognuno possa bastare a sé stesso, presidiando il proprio orticello a spese di chi sta più in basso, è tipico di un paese, il nostro, in cui i media alimentano una propaganda capillare diretta dal grande capitale o, come nel caso dell’informazione di Stato, dettata dal Sangiuliano di turno. Sembra tutto normale in un paese in cui la fede per l’estrema destra va a braccetto con quella per il cattolicesimo dei crocifissi esibiti e del folklore sanfedista.

Al bel quadretto si aggiunga la sostanziale smobilitazione della “sinistra” e la devastazione culturale prodotta da quarant’anni di berlusconismo e l’umore scenderà più un fretta della quotazione in borsa della Juve.

Prima o poi qualcuno nel PD dovrà avere il coraggio di dire che seguire le sirene del mercato globale è stato un errore madornale oltre che un regalo non richiesto all’imprenditoria.

Non aver fermato le politiche di tagli alla Sanità e alla Scuola, aver svenduto gli asset di Stato a gruppi finanziari è equivalso a fare le stesse cose che normalmente fa la destra, ma si è cercato di dissimulare indossando il vestito del fintoprogressismo che fa tanto moda agli apericena in ZTL.

Essersi concentrati esclusivamente sui diritti civili, dimenticandosi delle disuguaglianze “da capitale”, è una precisa responsabilità della sinistra italiana in un’epoca in cui non basta certo abbaiare contro i rutti del Girasagre, se poi si sostiene il principio dell’autonomia differenziata o si rinnovano gli accordi con i mercanti di schiavi libici.

C’è moltissimo da fare per ricostruire, ma  pochissimo tempo per riuscire a farlo.

Non sarà certo la scelta tra Bonaccini, Schlein ed ora pure Cuperlo a far cambiare la rotta al barcone correntizio ed autoreferenziale della sinistra.

Il surreale dibattito congressuale è solo il paravento dietro cui celare la totale mancanza di idee e progettualità. Lo stesso Enrico Letta, a riguardo, ha pronunciato queste parole: “Col video nel quale Meloni mente sulla riduzione delle accise noi potevamo fare un goal a porta vuota ma non è accaduto perché stavamo discutendo di regole”. E niente, siamo al tafazzismo puro.

Da qualche parte bisognerà pure cominciare. Tuttavia sarà la catastrofe ambientale imminente a dirci come, mica i curricula.

🚨📣 Addendum!!!

Ecco come Dario Corallo descrive dall’interno la miseria di una classe dirigente.

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Esimio "signor nessuno", anarcoinsurrezionalista del tastierino, Scienze politiche all'Università, ottico optometrista per campare. Se proprio devo riconoscermi in qualcuno, scelgo De André. Ciclista da sempre, mi piacciono le strade in salita. Ci si vede in cima.
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