Simone Fissolo è un consulente nel settore automotive. Laureato in Scienze Internazionali, un Master in Studi Europei, è attivo nell’associazionismo e responsabile del progetto “To 2031”. Nel 2017 ha pubblicato con il Pennino il libro “L’Europa sono io. Una guida alla cittadinanza attiva”. Nel 2021 ha dato alle stampe, per lo stesso editore, “Una direzione per Torino”, 32 interviste a voci autorevoli della città di Torino, una raccolta di testimonianze sul valore dell’impegno civico.
Ittica: sul tuo sito, simonefissolo.eu ti definisci appassionato di politica intesa come «desiderio di prendersi cura del bene comune». Visto dall’esterno di chi partecipa alla vita politica della sua città in veste di elettore mediamente informato, il quadro delle prossime amministrative appare alquanto incerto e dettato più da personalismi e rivalità mai sopite che da programmi. In quale misura i Moderati, formazione con la quale ti candidi in Consiglio Comunale, possono essere incisivi nella valorizzazione del mettersi in gioco con idee e proposte che vadano nella direzione del fare più che dell’eterno “presentismo” che sta paralizzando la politica locale?
Fissolo: parliamo di programmi. Ho iniziato a settembre un lavoro con un gruppo di amici, lo abbiamo chiamato “Progetto TO2031”. Insieme all’associazione Nuova Generazione per il Bene Comune abbiamo organizzato una serie di appuntamenti di confronto con esperti su turismo, ambiente, innovazione e inclusione sociale. A gennaio ho pubblicato sul mio sito un programma come candidato al Consiglio comunale. Credo che sia il primo e unico programma di un candidato in Consiglio comunale ad oggi. Il programma si articola in 3 temi trasversali, 5 priorità e 3 obiettivi. I 3 temi trasversali sono: i giovani, la disabilità e la famiglia. Le 5 priorità sono: l’ambiente, l’innovazione, l’inclusione e la sicurezza, la libertà di educazione e il turismo. Infine, i 3 obiettivi sono: una città viva, europea e soprattutto una città intelligente. A febbraio è uscito il mio secondo libro: “Una direzione per Torino”. Il libro contiene altre riflessioni su: scuola, cultura, sport, commercio, economia circolare, parità di genere, integrazione, associazioni, terzo settore, reti internazionali della città, fondi europei e diritti sociali. Insomma il contenuto c’è. Credo di aver dato un contributo importante e la lista civica dei Moderati ha cominciato un dibattito politico pragmatico e di qualità.
I: come si prendono i voti in coalizione senza essere vittime dei problemi interni del partito di maggioranza? Pensi che alla fine ci si limiterà a scegliere tra Lo Russo e Salizzoni o salterà fuori qualche altro outsider, magari l’ex calciatore Marchisio, e quanto questo tentennare potrà fare il gioco di Damilano? Se, ad esempio, da Roma arrivasse il via per un nome diverso da Lo Russo, indicato di recente proprio dai Moderati come candidato sul quale puntare, voi quali decisioni prendereste?
F: scegliere il Sindaco di una città come Torino non è una scelta che spetta certo ad un candidato in Consiglio comunale. Ognuno si deve prendere la propria responsabilità: partiti e cittadini, leader ed elettori. Quello che mi preoccupa è la lentezza di alcune scelte in momenti così delicati. Mario Draghi al Meeting di Rimini del 2020 affermava che ci sono tre qualità indispensabili di cui hanno bisogno i leader di oggi: “la conoscenza, il coraggio e l’umiltà”. “Il coraggio che richiedono le decisioni specialmente quando non si conoscono con certezza tutte le loro conseguenze, poiché l’inazione ha essa stessa conseguenze e non esonera dalla responsabilità”.
Quello che mi preoccupa è che il mio lavoro a sostegno di valori politici di centro sinistra, un lavoro che parte da un’appartenenza che non ha bisogno di conoscere il nome e il cognome del candidato Sindaco, si deve però ad un certo punto confrontare con volti, relazioni, contenuti e programmi. Non può essere un lavoro in solitaria. La necessità di riavviare la città è una necessità che la mia generazione sente come impellente. Non c’è più tempo. Torino ha perso anni. Il declino comincia con la crisi economica del 2008. Ora abbiamo bisogno di speranza, di futuro, di strategia.
I: l’informazione mainstream ci dice da mesi che il Recovery Fund si declinerà principalmente sui temi ambientali. Come si rafforza in concreto l’indotto manifatturiero della città metropolitana con investimenti che generino sinergie tra settori, passando attraverso lo sviluppo di una cultura dell’imprenditorialità diffusa che porti fuori dalle secche della Torino post-industriale? In questo senso il Centro Italiano per l’Intelligenza Artificiale può essere qualcosa di più di un annuncio e può ambire a diventare un punto di riferimento per lo sviluppo dell’AI in Italia, in connessione con i principali trend tecnologici?
F: nel mio libro “Una direzione per Torino” ho intervistato l’imprenditore Giorgio Bertolino, fondatore di Astela V S.r.l.. Mi piace parlare attraverso i buoni esempi. Sono questi che ci aiutano a pensare alla collettività. Bertolino ha dato vita ad un progetto di economica circolare chiamato “Rigeneration”. In Italia sono in funzione alcune decine di milioni di elettrodomestici e ogni anno ne vengono sostituiti un buon 15%. Il 10% circa di questi non era da sostituire. “Rigeneration” si occupa di rigenerare gli elettrodomestici che vengono sostituiti rimettendoli sul mercato dopo un’attenta riparazione. Dunque per rispondere alla tua domanda mi piace pensare che i fondi europei possano essere utilizzati per implementare progetti sani. Il Comune? Non può che essere un soggetto facilitatore.
Il Centro sull’IA è un’ottima notizia. Con il “Progetto TO2031” abbiamo ascoltato Pironti, attuale assessore all’innovazione, Boella, attuale direttore del Dipartimento di informatica dell’Università degli Studi di Torino e Don Peyron, coordinatore del Servizio per l’Apostolato digitale dell’Arcidiocesi di Torino. Ebbene, è un’ottima notizia, ma c’è tanto tanto da fare: la definizione di una missione del Centro, un bilancio, il reclutamento del personale, le ricadute sul settore della ricerca e dell’industria.
I: a proposito di fondi che arriveranno e di soldi che non ci sono, perché in periodo di campagna elettorale il debito del Comune viene prontamente nascosto sotto il tappeto per essere riproposto il giorno successivo alle nomine di sindaco e assessori quale responsabile principale del ridimensionamento delle “sparate” propagandistiche?
F: Torino non vive un buon momento anche sotto questo aspetto. Sono ottimista che questa volta non ci sarà da nascondere nulla. La pandemia colpisce tutti, anche le istituzioni, e i cittadini lo sanno. La campagna elettorale del Movimento 5 Stelle del 2016 aveva come cavallo di battaglia quello di proporre una gestione più trasparente dei soldi pubblici. 5 anni dopo ci sono stati dei miglioramenti, ma anche degli errori. Tra i miglioramenti: le tempistiche con cui la Giunta ha presentato e chiuso i bilanci. Tra gli errori: la condanna della Sindaca Chiara Appendino per falso ideologico.
Il Next Generation Italia dev’essere uno strumento per riavviare le attività commerciali, culturali e turistiche. Può essere uno strumento per sostenere progetti di innovazione, rivolti alla lotta al cambiamento climatico e alla cura del bene comune. Ma è comunque debito. Per questo, più di prima, ho sentito il bisogno di impegnarmi in prima persona. Sono stufo di assistere a sprechi e a nuovo debito pubblico senza vedere poi risultati concreti. Un giovane a Torino oggi non trova lavoro, fatica a fare un mutuo per la casa, è scoraggiato di fronte all’idea di creare una nuova famiglia. A questo deve servire il Next Generation Italia: riavviare la città, sostenere buoni progetti e creare un contesto dove le nuove generazioni possano tornare a sperare nel domani.
I: ti presenti all’elettorato con tre temi trasversali, uno dei quali è lo scalino culturale dell’accessibilità. In un Paese in cui solo il 12% dei giovani ha la probabilità di arrivare alla laurea se i genitori posseggono la licenza media (fonte Inapp), come si può costruire un welfare che non sia solo di facciata e che non vada invece nel senso della cooptazione?
F: Torino vivrà una nuova povertà causata dalla crisi economica prodotta dal blocco e dal rallentamento delle attività economiche durante la pandemia. La scuola e la cultura sono fondamentali per ripartire. Le nuove generazioni soffriranno le interruzioni dei programmi didattici, il distanziamento sociale e la mancanza di prospettive sul mercato del lavoro. Il Comune, la città, può sostenere le scuole, le famiglie e la cultura. Lo può fare in tanti modi. Le scuole? Occupandosi dei propri edifici, migliorandoli, aprendoli alla cittadinanza, ristrutturandoli. Sostenendo progetti di integrazione. Coordinandosi con le paritarie per ottimizzare la presenza sul territorio (ad oggi è maggiore l’offerta di banchi della domanda). La cultura? Tornando a credere nel capitale umano della città: dal Teatro Regio a Museo Egizio. Tornando a puntare sui grandi eventi, sostenendo però i più piccoli. Perché i grandi eventi hanno bisogno di visione e di coordinamento, mentre i piccoli molto spesso di sostegno economico.
A Torino abbiamo il Politecnico e l’Università: due eccellenze che attraggono studenti dall’estero. Sarebbe interessante lavorare affinché questi studenti possano progettare a Torino la loro vita professionale e affettiva. A Torino abbiamo anche la cultura della formazione professionale, fondamentale per il riscatto sociale, la mobilità sociale, l’inserimento nel mercato del lavoro. Lavoriamo affinché tutti gli attori citati e non citati che si occupano di scuola e cultura siano in grado di fare sinergia.
I: contemporaneamente al tuo impegno personale con i Moderati porti avanti, come coordinatore, il progetto To2031. Qual è il quadro entro il quale si delinea il percorso di questa iniziativa?
F: l’iniziativa punta ai prossimi 10 anni. In soli 6 mesi abbiamo realizzato 6 eventi pubblici di approfondimento, 1 programma elettorale e 1 libro. Confido che i prossimi mesi saranno altrettanto impegnativi e ricchi. La missione è quella di immaginare la città tra 10 anni e confrontarci per contribuire a renderla simile a quell’immagine. Troppo spesso la politica si è dimostrata incapace di progettare, di vedere in grande e di guardare lontano. TO2031 crede che la politica con la “p” maiuscola sia quella dell’impegno quotidiano di cittadine e cittadini accumunati dal desiderio di lavorare per bene della collettività.
I: l’amministrazione uscente è stata spesso criticata per la scarsa preparazione di taluni elementi. Pensi anche tu che l’antitesi tra competenti e incompetenti sia la giusta chiave di lettura per una nuova narrazione post-ideologica o è invece il rivelarsi al mondo, soprattutto nell’area di centrosx, di posizioni simili a quelle dell’aristocratico liberale Tocqueville, per il quale la libertà di tutti è un privilegio che spetta alla classe dirigente difendere?
F: la realtà su Torino è che abbiamo visto negli ultimi 5 anni una Giunta di tecnici e una maggioranza in Consiglio comunale di politici. Ai primi è mancata a volte una visione d’insieme, un pensiero politico. Ai secondi la competenza tecnica per incidere sulle delibere. Ecco cosa non ha funzionato. Una Giunta che ha faticato a comunicare un cambiamento e una maggioranza consigliare poco incisiva nel concretizzare le proposte elettorali, tanto da essere ormai risicata. Gli incompetenti non piacciono a nessuna parte politica; è invece verosimile che la “liberta è partecipazione” come cantava Giorgio Gaber e per partecipare serve conoscere le regole del gioco democratico. Allo stesso modo viviamo tempi difficili per la democrazia. Viviamo un periodo di chiare limitazioni della nostre libertà. Non dobbiamo dimenticarci dunque che la democrazia non è un diritto, ma un’eterna conquista. Va difesa, ma soprattutto va vissuta. La parola stessa è composta da démos (popolo) e krátos (potere). Questo vuol dire che la democrazia si fonda sulla sovranità popolare e sulla partecipazione in piena uguaglianza dei cittadini all’esercizio del potere.
I: un’ultima domanda per andare a sintesi: è possibile generare inclusione, combattere fenomeni di sfruttamento lavorativo e degrado sociale praticando la politica dal “pergolato di rose” a mezza costa o, all’opposto, puntando sulla narrazione populista? Non sarà invece verosimile che la trasformazione digitale della partecipazione stia favorendo in qualche misura nuove figure che non necessariamente occuperanno in futuro spazi, luoghi fisici e che, soprattutto, non si porteranno appresso l’ingombrante fardello dell’ideologia e dei ruoli all’interno di circoli e più su fino alle segreterie di partito? Siamo di fronte a possibili nuovi modi di fare politica o tutto andrà avanti come prima ancora per un po’?
F: questa domanda, ne contiene due, che meritano più di una semplice riflessione. Per quanto riguarda l’inclusione sociale, il fenomeno della tratta e delle sfruttamento sessuale o lavorativo è affrontato nel programma della mia candidatura. Bisogna “rafforzare le attività di contrasto alle nuove schiavitù; sviluppare progetti di sensibilizzazione per non essere complici di fenomeni che accrescono la disuguaglianza sociale; credere nel reinserimento lavorativo e abitativo, unica via per sfuggire al ricatto dello sfruttamento e della violenza domestica”.
Per quanto riguarda la politica e l’home working, penso di essermi recato in ufficio tutti i giorni durante i quali la mia attività non è stata bloccata. Ecco, io penso profondamente che la vita sia fatta di relazioni umane e che sia un nostro diritto riprenderci gli spazi e i luoghi del nostro vivere insieme, senza però dimenticarci i passi in avanti fatti nell’educazione e nella sensibilizzazione alla tecnologia digitale.
ADDENDUM:
I: un minuto dopo aver ultimato l’intervista, le voci di un rinvio delle elezioni comunali sono divenute realtà. Chi, come i Moderati, è già partito con candidature e manifesti non rischia di trovarsi svantaggiato da questa ridefinizione del calendario?
F: da un lato questo slittamento è positivo per chi intenda candidarsi in consiglio Comunale o in Circoscrizione per la prima volta e non è esposto come chi frequenta la prassi politica da molti anni. Un altro aspetto fondamentale di questo slittamento è il maggior tempo a disposizione per costruire un grande e forte progetto che coinvolga tutto l’arco del centrosinistra torinese. Ma in tutto questo c’è un problema che ormai è evidente a buona parte dei cittadini: Torino non ha più tempo. Da questo momento in poi, ogni attimo in cui, concretamente, non si programma la Torino dei prossimi anni, renderà difficile il momento in cui dovremo riavviarla.