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Di generali, strategie, vittorie (poche) e narrazioni farlocche.

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Con quell’aria impettita da tenentino appena uscito dalla Scuola di applicazione,  Massimo D’Alema sembra sempre sul punto di spiegare a noi massa di stupidi la strategia che condusse Ramses II alla vittoria di Qadesh, il capolavoro tattico di Napoleone ad  Austerlitz, oppure la genialità del generale Giáp in occasione della grande offensiva del Têt. E invece, come ha detto il suo ex consigliere Claudio Velardi in un’intervista apparsa su Repubblica del quattro gennaio, D’Alema «è bravo soprattutto nelle analisi ex post, quando ti spiega le sconfitte che in genere lui stesso ha generato».

A vederlo rientrare nel pd con lo stessa “umiltà” del generale Patton, noi di AMA dobbiamo ammettere di essere stati sfiorati dal dubbio nichilista che da oggi in poi l’ipotesi di Berlusconi al Quirinale sia un po’ meno lontana.

Pensare che il ritorno di D’Alema possa spostare il pd a sx significa, a nostro modestissimo avviso,  aver perso qualche puntata della storia del pd e del ruolo di D’Alema.

Volendo tornare alla storia militare attraverso un’analogia, sarebbe un po’ come dar credito all’ipotesi secondo cui  i nazi persero nelle Ardenne perché si spaventarono a morte alla vista di un generale con le pistole fuori ordinanza dal calcio di madreperla e non perché venne a mancare loro la benzina per i Tiger con il supermegacannone da 88.

Generali vittime del loro narcisismo autoreferenziale, ecco come ci paiono. Con tutto il rispetto.

 

PS: si dice che fosse lo stesso Patton a consigliare ai suoi carristi di impegnare un Tiger con almeno tre Sherman.

*Image credit Wikipedia

 

 

 

 

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Esimio "signor nessuno", anarcoinsurrezionalista del tastierino, Scienze politiche all'Università, ottico optometrista per campare. Se proprio devo riconoscermi in qualcuno, scelgo De André. Ciclista da sempre, mi piacciono le strade in salita. Ci si vede in cima.
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