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“Benvenuto in mia casa” (cit.)

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Breve digressione personale su uno strumento comunicativo corale, ma poco sentito.

Qua sopra non si diventa qualcuno, se già non lo si è o si crede di esserlo.  Questo è uno spazio fuori dai social, migliore per il solo fatto di essere tale. O forse no.

Sono nato ad Aurora da genitori piccoli commercianti del quartiere. Quando ebbi sette anni o giù di lì i miei traslocarono in Barriera. A parte una parentesi di qualche anno alla Barca, ho sempre vissuto in Barriera. Qua ho compiuto parte dei miei studi, ho conosciuto mia moglie, comprato casa e visto nascere i miei figli. Giulia ed Enrico, come mamma e papà, hanno fatto in Barriera parte del loro percorso scolastico.  Nel quartiere sono rimasti quasi tutti gli amici. Quelli a cui è capitato di andarsene, non si schifano nel venire a trovarci. E noi non proviamo di sicuro vergogna a ricambiare le visite in altre zone della città.

Non ho mai pensato che fare un upgrade residenziale mi avrebbe aiutato a prendere l’ascensore sociale in salita o a guadagnare punti nell’autostima piccoloborghese. È anche vero che tendo un tantino a fottermene degli sguardi di ritorno di certi adorabili parvenu che mi chiedono dove abito. E poi perché porto in dote come motivo d’orgoglio sostanziale, al pari di un marine fiero delle sue patacche, la realizzazione nel lavoro e nella famiglia accompagnate da un’ anacronistica tendenza alla rettitudine morale.

Nella mia personale Barriera, che poi è una specie di propaggine che si insinua a ridosso di Regio Parco fino a lambire Aurora, c’è tutto: verde pubblico e parcheggi, commercio di prossimità e farmacie, mercato rionale e supermercati, tutti raggiungibili facilmente e a piedi.

Adda venì banlieue!

In più, come faro nella notte antitetico alla  corsa  senza freni verso il privato, c’è una struttura sanitaria PUBBLICA come il Giovanni Bosco in cui lavorano molti amici pure loro “di Barriera”. Alla Sanità Pubblica, alla bravura dei suoi operatori e all’indiscusso vantaggio della territorialità devo la vita, ma questo ve lo racconterò un’altra volta. O anche no.

A due passi da casa mia ci sono i ragazzi di Acmos. Molti di loro sono stati compagni di scuola di Giulia o sono a loro volta figli di miei compagni del liceo. Accade non di rado che ci raccontiamo cose, nonostante la differenza d’età. Ho pure mantenuto negli anni buoni rapporti con il mio ex liceo “di frontiera” e di tanto in tanto scambio idee e mi faccio coinvolgere in occasioni d’incontro.

Bazzico invece poco la Circoscrizione e per nulla qualunque livello superiore della politica, pur avendo stima sincera ed affetto per molti che provano a dare un senso alle cose. Soprattutto a sinistra. Preferisco, per quel che mi riesce, dare una mano ad aggregare, fare volontariato, ma rimanendo ai margini.

In Barriera abbiamo anche qualche problemino? Ma certo che sì! L’Asl di via Montanaro, piazzata davanti ai giardini in cui convivono bambini, pensionati, tossici e spaccini, è un po’ la fotografia del quartiere: struttura obsolescente e inadeguata, ma orgogliosamente operativa. Fa quel che può in un ambiente anagraficamente vecchio, sempre più multietnico, transculturale ed in cui crescono fragilità sociali e disuguaglianze. Ma il bello sapete qual è? Che Aurora, Borgo Vittoria e Madonna di Campagna  possono essere osservati con la stessa lente: parola di optometrista!

Bene, in vista delle prossime Amministrative, non resta che fare un bel programmino che usi parole super abusate come “inclusione” e attivarsi attraverso le Circoscrizioni, non importa se a me non convincono come momenti di aggregazione dal basso: a qualcosa serviranno pure oltre ad essere trampolini di lancio per politici di professione di questo o quel partito? O no?

Ora però scusatemi se non scendo nei dettagli del programma, ma mi sembrerebbe offensivo dare suggerimenti dalla mia bolla cognitiva fatta più di sensazioni che di competenze. E poi, abbiate pazienza, ma la delega politica, noi che non contiamo un cippa, che la diamo a fare?

Nel tempo che ci separa dalle elezioni cittadine, per quel che mi riguarda, starò qua buono e tranquillo ad aspettare il candidato con le scarpe giuste. Perché le scarpe dicono un sacco di cose delle persone. Dove stanno andando. Dove sono state.

Invece di scambiarsi ridondanti biglietti da visita con acronimi da Marvel Super Hero (MSH), le persone dovrebbero scambiarsi le scarpe. E smettere di pensare che Torino sia in qualche modo in debito con loro.

È tutto Vostro Onore.

#sarannomesibellissimi

 

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Esimio "signor nessuno", anarcoinsurrezionalista del tastierino, Scienze politiche all'Università, ottico optometrista per campare. Se proprio devo riconoscermi in qualcuno, scelgo De André. Ciclista da sempre, mi piacciono le strade in salita. Ci si vede in cima.
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