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L’antifascismo di maniera che porta a cantar “Faccetta nera”

Negli anni Settanta un personaggio scomodo a sinistra come Pasolini metteva in guardia da una nuova forma di fascismo, subdola e insidiosa, intesa «come normalità, come codificazione del fondo brutalmente egoista di una società». Era la critica al sistema dei consumi che a partire dagli anni Sessanta si è reso responsabile dell’omologazione culturale del paese: un potere senza volto, senza camicia nera e colonne sonore, ma capace di plasmare le vite e le coscienze, riposizionando, revisionando e riabilitando.

A distanza di quasi mezzo secolo da quelle parole sembra che l’orologio della Storia abbia preso a segnare un “tempo fuor di sesto”. Non tanto per l’affermarsi di leader più o meno carismatici, talvolta pure ridicoli nel proporsi come capipopolo, quanto per una sottocultura diffusa che è il risultato perlopiù di un pessimo insegnamento della storia contemporanea già dalle scuole medie, ma ancor di più delle lacune imperdonabili sul testo alla base del nostro percorso post fascista, la Costituzione.

Un antifascismo di maniera appunto.

Anna Mastromarino, nell’articolo linkato, cerca di rimettere a posto l’orologio.

https://www.lincontro.news/perche-dobbiamo-ancora-spiegare-la-differenza-tra-fascismo-e-antifascismo/

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