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La verità è l’invenzione di un bugiardo

Meloni ha prodotto un’ innovazione storica enorme: per la prima volta da quando è al governo la destra non contesta gli equilibri di bilancio, ma ne rispetta i limiti e i vincoli.

Questo significa che il governo ha pochi soldi da spendere e che la mano tesa di von der Leyen è quella che da piuma può diventare “fero” nel volgere di una tranche del PNRR usata accazzo.

Finora Meloni ha brillantemente bypassato il problema attingendo alle questioni di identità (il ministro cognato),  a quelle culturali (Sangiuliano) e spingendo l’acceleratore sulla torsione dei diritti civili (Piantedosi e Roccella). Infine presentandosi con quel tocco di autoritarismo, militarismo e patriottismo che fa sempre presa su binari e fallocefali che, ahimè, votano il primo che passa.

Agli italiani importa innanzitutto che siano salvaguardati i propri vizi (Berlusconi stradocet). Meloni, inserendosi nel solco tracciato dal Cavaliere, ha dimostrato quanto è scaltra. E allora eccola tutta presa in Sicilia (!!!) ad offendere chi ha il compito di riscuotere le tasse e ad assolvere gli evasori parlando di “pizzo di Stato”.

E la sinistra? Al solito, non pervenuta.

Non è bastata la figurina arcobaleno Schlein estratta dal cilindro di Franceschini, king dei notabili ex democristiani, così come non è bastato far votare i non iscritti alle primarie del PD per far riprendere a battere il cuore a sinistra.

Diciamola tutta: bisogna pensare convintamente di stare a sinistra non solo per le questioni di genere e la maternità surrogata, perché in questo caso si tratta di essere progressisti. Invece è sui temi economici che si vede la linea di demarcazione tra chi vuole più Stato e chi più mercato e tra chi ha letto due righe di Keynes (oh, mica è quel comu di Marx!) e chi si fa le pippe con l’intersezionalismo.

Così, mentre Meloni rimesta abilmente nel trogolo dell’analfabetismo da tastierino dell’elettorato di risulta per dissimulare la totale assenza nella sua compagine di un humus realmente liberale, l’Italia resta con i problemi di sempre: nessuna grande industria, pochissimi investimenti privati (Briatore e la madama Garnero? Ma dai su, siamo seri!) e zero pubblici. Nessuna capacità di spesa del PNRR, come stanno documentando le recenti bacchettate della UE, infrastrutture inesistenti, evasione fiscale mai vista prima e fuga di massa dei giovani verso l’estero (chi di sostituzione etnica ferisce…).

Insomma il terreno di coltura “mejo possibbile” per questa destra.

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