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Il paese dei paradossi

Forse Silvio Berlusconi crede davvero di poter coronare il suo sogno di diventare Presidente della Repubblica.

Il nostro è un paese che potrebbe pure permetterglielo, essendo ormai da qualche decennio il ritratto di una certa borghesia italiana: arricchiti, arrampicatori sociali e servi che hanno come massima ambizione quella di diventare padroni.

Per fortuna che in antitesi a questa visione c’è quella dei tanti detrattori della finta sinistra, pronti come sempre a fare le barricate in piazza, ma con il mobilio degli altri. Infatti, se da un lato fanno i sostenuti prendendone le distanze, dall’altro con Berlusconi (più Lega e 5*) governano in quel magnifico guazzabuglio tecnocratico che è il “governo dei migliori”.

In effetti, quella di Berlusconi ha tutti gli aspetti di una candidatura, seppure improponibile da qualunque parte la si voglia vedere.

Quel che mette in mostra il totopresidente di questi mesi è “il limite intrinseco di un centrodestra che, al di là della verticale caduta di consensi di cui soffre Forza Italia, ricorre al Cavaliere anche nella misura in cui non è in grado d’indicare una sua candidatura unitaria e seriamente proponibile all’intero arco delle forze parlamentari. Condizione quest’ultima che vale specularmente anche per il centrosinistra” (cit. Domenico Galbiati).

In AMA sicuramente sbaglieremo nella valutazione, ma siamo tanticchio convinti che il pericolo rappresentato dalla candidatura di Berlusconi sia un fenomeno tutto politico tipicamente italiano, cinicamente ingigantito e strumentalizzato da chi sostiene Draghi, pd in testa.

Avete paura di Berlusconi? Allora non fate troppo gli schizzinosi con Draghi al Quirinale! E qua la Fornero avrebbe usato il termine “choosy”, tanto per rimarcare la distanza tra noi plebei e loro bellissimi e bravisssimi.

Per questo motivo, se permettete, non ci uniamo al polverone degli “indinniati”  che si stanno strappando le vesti per portare Draghi al Colle. E magari la Cartabia a Palazzo Chigi.

Sembra la sceneggiatura di “Don’t look up” senza l’asteroide. Invece è la realtà.

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