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𝐋’𝐚𝐧𝐧𝐨 𝐜𝐡𝐞 𝐯𝐞𝐫𝐫𝐚̀ – 𝐒𝐞 𝐅𝐫𝐢𝐞𝐝𝐦𝐚𝐧 𝐩𝐚𝐬𝐬𝐚 𝐝𝐢 𝐦𝐨𝐝𝐚……

Qualcosa sta cambiando nel capitalismo cosi come siamo abituati a pensarlo e come è apparso negli anni ruggenti  del liberismo sfrenato ….

Se a dirlo non è il mondo della politica di sinistra, ma sono manager di quotate aziende, il cambiamento appare piuttosto dirompente.

E’ successo ad esempio a un convegno   organizzato sul web “Ruling Companies sulle B-Corp”, dove diversi manager hanno concordato sul fatto che “per le aziende il profitto non è più l’unica legge”.

Il termine B-Corp è la contrazione di “Certified B Corporation” e indica quelle aziende che, pur mantenendo una natura profit, si impegnano a perseguire determinati standard di performance, trasparenza e responsabilità, operando in modo tale da ottimizzare il proprio impatto positivo sia verso l’ambiente circostante che verso i propri dipendenti.

Ovviamente non è una cosa originale, già il nostro Adriano Olivetti aveva questa visione del mondo dell’Impresa negli anni  ‘50, ma erano altri tempi.

E’ sorprendente che  alcune insospettabili multinazionali americane ritengano che la crisi del capitalismo sia ormai irreversibile e che vada abbracciato un nuovo paradigma.

In maniera decisamente iconoclasta si è rimesso in discussione il totem rappresentato dal pensiero di Milton Friedman, premio Nobel per l’economia nel 1976, secondo il quale l’unico obbligo di un’azienda privata consiste nel massimizzare i profitti per i propri azionisti.

Oggi da nuovi intellettuali come  Thomas Piketty arrivano proposte per “un nuovo socialismo”. E nell’agosto del 2019, quando ancora il Covid-19 e i suoi effetti sull’economia erano inimmaginabili, un gruppo di  aziende di primaria importanza (tra cui Apple, Fox, Siemens, Procter & Gamble, Mastercard e PWC) si sono riunite nell’US Business Roundtable e hanno prodotto un documento dal titolo “Rivisitazione degli scopi di un’azienda”. La nuova “dichiarazione di principi” della Business Roundtable, grande associazione della Corporate America con oltre 180 imprese che impiegano dieci milioni di dipendenti, ha aggiornato i suoi valori, riformando decenni di tradizione: al centro oggi ci sono contributi e responsabilità nei confronti di lavoratori, fornitori, ambiente e comunità. Una nuova carta etica, insomma, che riequilibra la missione a favore del sociale e lo fa scommettendo che questo sarà anche un aspetto chiave per il successo futuro.

Gli azionisti, è il nuovo motto, vanno considerati alla pari dei lavoratori, dei clienti, dei fornitori e delle comunità in cui si opera. Gli investitori, insomma, sono solo uno dei 5 «stakeholders» di cui le imprese devono tenere conto nell’ambito delle loro attività

In un segno dei tempi mutati ora prende forma un diverso equilibrio tra business e società nel suo insieme: Jamie Dimon ha indicato che «il sogno americano è vivo ma si sta erodendo». Che «grandi datori di lavoro investono nei loro dipendenti e comunità perché sanno che è il solo modo per avere successo nel lungo periodo». E che «questi principi più moderni riflettono l’impegno assoluto della comunità di business nel continuare a spingere per un’economia che serva tutti gli americani».

E’ lecito aspettarsi che la pandemia del Covid-19 imprima un’accelerazione nella  trasformazione del capitalismo, ma la direzione che prenderà il cambiamento dipende come sempre dai rapporti di forza: certamente per ora sono aumentate le disuguaglianze e questo aumenterà il livello di conflitto. Tocca ora alla politica interpretare sia le esigenze di cambiamento sia le modalità per ridurre le diseguaglianze ed evitare che i conflitti diventino violenti, favorendondo le trasformazioni che portano verso una maggiore equità sociale e il rispetto ambientale.

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