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𝐋’𝐚𝐧𝐧𝐨 𝐜𝐡𝐞 𝐯𝐞𝐫𝐫𝐚̀ – 𝐄𝐫𝐨𝐢 𝐝𝐞𝐥 𝐧𝐨𝐬𝐭𝐫𝐨 𝐭𝐞𝐦𝐩𝐨

Sono eroi del nostro tempo, eppure sono perseguiti dalla legge.

Hanno iniziato un dibattito che serviva alle nostre democrazie, ma sulle loro teste pendono ancora capi d’accusa che equiparano il giornalismo libero a un atto di spionaggio. E’ di pochi giorni fa la notizia che UK ha negato l’estradizione di Assange agli Usa: se questo atto gli ha probabilmente salvato la vita, la sua vita è comunque in carcere e la sua vicenda giudiziaria è ben lontana dall’essere risolta. Manning, la whistleblower responsabile delle maggiori rivelazioni di WikiLeaks del 2010, dopo un decennio di resistenza a bullismo legale, pene draconiane e incarcerazioni prossime alla tortura, è finalmente – e si spera definitivamente – una donna libera, liberata nel 2018 per intercessione presidenziale di Obama da una condanna che l’avrebbe altrimenti tenuta in carcere con l’accusa di spionaggio per 35 anni.

Snowden, tecnico della CIA che denunciò il programma di sorveglianza di massa, vive da anni esiliato con la sua famiglia in Russia, sotto protezione.

In un editoriale dedicato al caso, il Guardian ha chiaramente detto che le accuse dell’America contro Assange minano le basi della democrazia e della libertà di stampa in entrambi i paesi, UK e USA. Inizialmente, l’accusa era solo di crimine informatico, per cui Assange rischia fino a un massimo di 5 anni. Reato che, come abbiamo più volte spiegato, non è mai avvenuto.

Nel maggio 2019, però, l’amministrazione Trump accusa Assange anche di spionaggio, ai sensi dello Espionage Act, aggiungendo altri 17 capi di imputazione per aver pubblicato materiale riservato fornitogli dall’allora analista dell’intelligence dell’esercito statunitense Chelsea Manning nel 2010. La sua colpa è aver pubblicato riservati del Pentagono sui crimini commessi dai soldati statunitensi nelle guerre in Iraq e Afganistan contro civili peraltro disarmati. 

 

“Nel suo saggio Il tempo della rivolta (Bollati Boringhieri), Donatella Di Cesare dedica diverse pagine a Edward Snowden, Julian Assange e Chelsea Manning, tre figure cardine che negli ultimi dieci anni hanno contribuito in modo radicale a evidenziare il potenziale del whistleblowing (e del giornalismo) di sollevare questioni fondamentali, portandole all’attenzione del pubblico. “Le loro scelte”, scrive Di Cesare, “hanno dischiuso un oltreconfine, lasciando intravedere nuove possibilità”. Il decennio 2010-2020 è stato intriso di dibattiti attorno a questioni come l’impatto della tecnologia sulle società contemporanee, la sorveglianza di massa e lo sfruttamento capitalistico delle identità personali online. Come è ormai palese, questi non sono più temi puramente tecnologici o specialistici: al contrario, sono tematiche politiche nel senso più ampio possibile, terreni di scontro civile e democratico. L’inclusione di Manning, Assange e Snowden nell’alveo delle costellazioni delle rivolte contemporanea proposta da Di Cesare è emblematica perché la pratica dei leak è stata spesso il momento iniziatico di quei dibattiti fondamentali: il disvelamento della coltre di segreto, l’emersione delle prove e, appunto, di nuove possibilità. Senza la breccia aperta da quei leak nell’interesse pubblico non avremmo avuto quei dibattiti e quei temi non avrebbero scalato le priorità delle agende dell’informazione e della politica con la medesima forza. Questo perché la società dei dati in cui abitiamo, nonostante le visioni utopistiche di trasparenza che l’hanno annunciata e accompagnata per anni, ha moltiplicato le occasioni di segretezza, di opacità, di oscuramento dei suoi meccanismi statuari. Dieci anni dopo l’inizio di quelle rivolte, però, le storie umane che l’anno resa possibile non sono ancora tutte giunte a una soluzione.”

 

Le domande sul limite del potere nella sorveglianza dei cittadini, cosi come per la necessità di segretezza per ragioni di stato, sono domande che non hanno una risposta semplice e univoca: nella lotta al terrorismo forse siamo disposti a superare alcuni limiti, a rinunciare ad alcune libertà in nome della sicurezza, ma in questo modo la sorveglianza può diventare facilmente fonte di sopruso e di tirannia o nasconde verità scomode in nome di interessi più alti. Norberto Bobbio amava dire che la democrazia è «governo pubblico in pubblico». Chomsky sostiene che l’obiettivo reale della NSA è quello di realizzare uno stato di sorveglianza globale mediante intercettazioni estese a tutte le comunicazioni, di qualsiasi tipo, un obiettivo tipico di un potere totalitario. Le nuove tecnologie forniscono strumenti molto potenti per realizzare sorveglianza di massa.

Spesso il whistleblowing diventa pertanto uno strumento necessario per contrastare l’opacità del potere,  la trasparenza costituendo  un pilastro della democrazia.

Il whistleblowing è stato tradizionalmente concepito come strumento anticorruzione, a partire dalle raccomandazioni del Consiglio d’Europa e dalla giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, ma ora si è sviluppata una prospettiva che lo inquadra nell’ambito del diritto alla libertà di espressione e di informazione consacrato nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. La responsabilità del whistleblower è verso l’interesse pubblico, della verità dei fatti e del bilanciamento con l’interesse di sicurezza nazionale.

“https://www.wired.it/attualita/media/2020/12/31/casi-assange-snowden-manning-giornalismo/?fbclid=IwAR0tyXbxhNQQvexmMRdgWhsWnxBBQCfP6YLIxqb4qVcC4Vu3C_pzO-FJ7qM”

 

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